Dalla notte di domenica 25 settembre continuo a ricevere messaggi e telefonate da conoscenti che vivono all’estero. In segno di rammarico per la vittoria elettorale della destra e la prossima sostituzione di Draghi con la “fascista” Meloni. I toni sono ovviamente quelli che si usano per porgere le condoglianze a un amico.
Ma se, dopo aver ringraziato, cerco di sdrammatizzare, scopro subito che si tratta di uno sforzo inutile. Perché la percezione dell’interlocutore straniero non cambia. Come se veramente in Italia fossimo di fronte a un manipolo di fascisti, che dopo cento anni si prepara a ripetere la marcia su Roma.
D’altra parte basta leggere i titoloni della “grande stampa internazionale” per capire che cosa pensano i “democratici” di mezzo mondo dell’attuale situazione politica italiana. Decine sono le analisi sull’impatto e le conseguenze del nuovo assetto politico spostato verso l’estrema destra, come costante è la preoccupazione espressa dalla maggior parte dei commentatori per la “vicinanza” del prossimo esecutivo italiano guidato da Giorgia Meloni al nazionalismo europeo guidato da Viktor Orban.
Vari esperti concordano poi sul fatto che ci sarà un riallineamento di Roma su molti temi al centro dell’agenda di Bruxelles e che gli interlocutori privilegiati del nuovo governo italiano diventeranno Polonia e Ungheria.
A questo punto, considerando che il nuovo governo in Svezia include un partito nazionalista, la previsione più gettonata è che la svolta a destra italiana contribuirà presto alla formazione di un “blocco sovranista”, capace di cambiare il quadro della politica europea.
Sono tutte preoccupazioni fondate, certo. Come è evidente che Giorgia Meloni e il suo partito (con la fiamma tricolore nel simbolo) non riusciranno facilmente a far dimenticare ai partner occidentali le loro origini e la matrice di estrema destra. Ma sostenere che il 25 settembre 2022 in Italia è tornato il fascismo è una forzatura. Intanto perché, considerando la bassa affluenza elettorale, solo un italiano su sei ha votato per Fratelli d’Italia. E poi perché, analisi post-voto alla mano, molti hanno scelto la Meloni non per le sue radici ideologiche e fregandosene della sua collocazione politica. Ma più semplicemente come “premio” per la “coerenza” mostrata con la solitaria “opposizione” al governo Draghi.