«Sono una donna, sono giovane, sono disoccupata». O ancora: «Sono una donna, i miei figli lavorano ma sono precari, molto precari, come la maggior parte dei loro coetanei». Sono i problemi reali a rendere angosciosa la prospettiva di vita futura.
Interessa a qualcuno? No, non interessa a nessuno. Eppure dovrebbe interessare alla classe politica che un’intera generazione di trentenni e oltre, per non veder calpestati i propri diritti, sia costretta a emigrare in altri paesi europei dove, dopo una sola settimana di lavoro, vengono regolarizzati i contratti e versati i contributi.
Perché da noi questo non è possibile? Perché nessuno controlla? Siamo diventati forse a nostra insaputa una Repubblica fondata sul lavoro in nero, o solo sui contratti a progetto, o sulle false partite Iva, o peggio ancora sui finti “stage” non pagati?
Interessa questo alla classe politica, ai partiti cosiddetti di sinistra, ai sindacati? La precarietà di questa generazione è talmente diffusa e profonda da essere diventata esistenziale. Giovani donne, giovani uomini, esseri umani che esitano a mettere al mondo figli perché non c’è un minimo di stabilità nella loro vita e poi oltretutto, ci sono la pandemia, la guerra, forse addirittura mondiale, forse persino nucleare. E poi il clima impazzito, la siccità, le alluvioni, gente che muore sul lavoro (sempre di più) o sotto un nubifragio. Come si fa a costruirsi un futuro? Meglio vivere alla giornata e con le dita incrociate.
Giorgia Meloni, una donna di destra che ha vinto le elezioni e presto probabilmente sarà premier ha orgogliosamente rivendicato di essere una donna, madre, cristiana. Un’altra giovane donna di sinistra intelligente, brillante, simpatica le ha fatto il verso in Piazza del Popolo chiudendo la campagna elettorale del Pd. Elly Schlein, vicepresidente della Regione Emilia Romagna ha detto: «Sono una donna, amo un’altra donna, non ho figli e non sono meno donna».
Certo, bene, nessuno lo mette in dubbio, ma agli elettori questo interessa? No questa volta è agli elettori che questo interessa solo in parte e l’esito del voto ne ha dato conferma. Nel nostro paese ci sono persone che fanno fatica a mettere insieme il pranzo con la cena, che non hanno la garanzia della casa in città con migliaia di appartamenti vuoti e inutilizzati. Persone che devono portare i figli a scuola e non hanno i mezzi sufficienti per mantenerli adeguatamente, che vivono in periferie degradate, persone che amano ognuno a modo suo, ognuno chi vuole dove vuole e per quanto tempo vuole, ma che ha il problema di come pagare l’affitto o il mutuo e ora persino le bollette. Persone che fuggono da paesi lontani per avere un futuro e che, se hanno la fortuna di non trovare la morte in mare, vagano come fantasmi in mezzo alla nostra indifferenza. Persone a cui serve prima di tutto la dignità di un lavoro continuativo e pagato il giusto per vivere e continuare a amare ognuno chi vuole, come vuole, dove vuole e per quanto tempo vuole.
Non c’è libertà senza il lavoro e allora una domanda sorge spontanea: perché i partiti di sinistra non hanno parlato soprattutto di questo ai propri elettori nel corso dell’appena conclusa campagna elettorale? Perché oltre ai sacrosanti diritti civili – come non pensare all’eroica lotta delle donne iraniane a difesa della loro femminilità mortificata da un velo e quindi della loro stessa vita – non si sono affrontati i problemi legati alla nostra disastrata realtà sociale?
Ora gli elettori di sinistra si leccano le ferite dopo una sconfitta più grave del previsto. Si constata anche con sgomento che le donne elette con il Partito Democratico sono solamente un terzo degli eletti dem complessivi, a dimostrazione e ulteriore conferma che la parità non si predica, non è una gentile concessione del mondo maschile, ma la si conquista con la tenacia e la competenza delle donne che affrontano tutti i giorni i problemi della vita reale. Le donne non sono bandierine da sventolare quando fa comodo, non sono simboli, sono persone che combattono per la loro vita. Non basta una donna segretario per dare alle donne il giusto spazio che meritano, serve un cambio di mentalità autentico, che metta tutti e tutte ai blocchi di partenza in condizioni di assoluta parità.
Basterà questa sconfitta a far sì che i rappresentanti dell’area progressista riprendano il contatto con la realtà e si chiedano una volta per tutte e sul serio, al di là degli slogan: cosa sarà della nostra società se non tuteliamo prima di tutto le nuove generazioni?