“Testimoni di un secolo”. Aneddoti piccoli e grandi. Immense speranze, straordinarie conquiste e cocenti delusioni. Ugo Intini, 81 anni, giornalista e socialista, racconta il 1900 attraverso uomini, fatti, avvenimenti vissuti in prima persona o recuperati con un paziente lavoro di documentazione.
Racconta soprattutto il mondo della politica e dei giornali del secolo scorso con una corposa appendice dedicata anche ai primi anni del 2000. “Testimoni di un secolo” è un libro (editore Baldini+Castoldi) che scorre piacevolmente per ben 663 pagine. È insieme un romanzo, un saggio e un libro di storia. Il sottotitolo precisa: “48 protagonisti e centinaia di comprimari raccontano il secolo breve”.
Descrive i grandi leader politici del 1900, il mondo scomparso di partiti radicati nella società con le rispettive ideologie. Parla dei leader politici carismatici, autorevoli, progettuali della Prima Repubblica, attaccati ma rispettati anche dagli avversari politici. Nel dibattito su “Testimoni di un secolo”, avvenuto mercoledì 9 novembre all’Istituto della Enciclopedia Italiana a Roma, è emerso il baratro con i “partiti leaderistici”, i “partiti liquidi” della Seconda e della Terza Repubblica.
C’è una abissale differenza tra la profondità di visione e culturale di un tempo con i leader oscillanti di oggi protagonisti di una politica superficiale e aggressiva, fatta su Internet a colpi di tweet. Piero Craveri, Giuseppe De Rita, Gianni Letta, Cesare Pinelli, Franco Gallo nel dibattito sul libro si sono complimentati con Intini per aver fatto emergere dal buio un “mondo scomparso” che ha costruito la Repubblica e la democrazia italiana.
Intini, con molti libri alle spalle, già direttore dell’Avanti!, più volte deputato del Psi, sottosegretario agli Esteri nel secondo governo Amato e viceministro alla Farnesina nel secondo esecutivo Prodi è rimasto socialista anche dopo il crollo del partito sotto i colpi di Mani pulite. Parla di Bettino Craxi del quale era amico e stretto collaboratore («È riuscito dove Turati e Nenni non erano riusciti»), del quale è stato portavoce. Parla di Sandro Pertini, Riccardo Lombardi, Giuliano Vassalli, Loris Fortuna, Leo Valiani. Parla soprattutto di Pietro Nenni, il leader storico del Psi, il suo mito. Racconta di quando era un giovane cronista dell’Avanti! e si accorse di avere qualcuno alle spalle mentre in redazione stava buttando giù un articolo sulla macchina da scrivere. Nenni, grande oratore e giornalista, domandò: «Lo hai fatto il titolo?». Intini rispose timidamente: «No, sto ancora scrivendo». Allora scattò il rimprovero: «Male. Prima devi fare il titolo e poi scrivere l’articolo: se non lo hai già in mente, è segno che non hai le idee chiare su cosa devi scrivere».
Anche il vostro cronista ha un episodio da raccontare. Quando era un giovane cronista all’Avanti! ebbe un dubbio su un articolo. Così chiamò Intini, il suo direttore, per una consultazione. La risposta fu: «Scrivi i fatti esattamente come stanno. Poi puoi commentare come vuoi». La risposta del direttore, già rara allora ma rarissima adesso, fu affascinante.
Nenni aveva un religioso rispetto per la libertà di tutti, ma soprattutto per chi era povero di mezzi. Forse anche per questo era un grande inventore di famosi slogan lanciati nei comizi, nei discorsi parlamentari e nei suoi pezzi pubblicati sull’Avanti!. L’elenco è lungo: «Le idee camminano con le gambe degli uomini», «O la Repubblica o il caos, «La politica delle cose», «Lo stato autoritario, forte con i deboli e debole con i forti», «Il socialismo dal volto umano», «Piazze piene e urne vuote», «Troverai sempre uno più puro… che ti epura».
I “Testimoni di un secolo” descrive le figure anche di Giancarlo Pajetta («La quintessenza dei comunisti»), di Giulio Andreotti («La quintessenza dei democristiani»), di Francesco Cossiga («Inizia la frana per il crollo del muto di Berlino»).
La penna dell’autore fa il giro del mondo: in particolare Europa, Medio Oriente e Asia. Scrive di Willy Brandt, Shimon Peres, Yasser Arafat, Andrej Sacharov, Kim Il sung, Hua Guofeng e Yang Zemin, i successori di Mao Zedong al vertice della Repubblica popolare cinese.
Intini sente particolarmente il tema dei giornali e dei giornalisti. Parla di Indro Montanelli, Enzo Bettiza, Walter Tobagi. La stampa ha collezionato tanti pregi e difetti. Tratta la questione in un capitolo intitolato: «Dal piombo al computer. I personaggi di un mondo scomparso». “Piombo” sta per la composizione a piombo usata per un secolo per impaginare e stampare i giornali fino agli anni Settanta. Dagli anni Ottanta, invece, subentrò una grande innovazione tecnologica: con il “computer” sparì un intero mondo fatto di macchine da scrivere, correttori di bozze, tipografi e tipografie. Da allora dettò legge prima la video composizione e poi la composizione digitale dei giornali.
Tuttavia molte volte le grandi innovazioni tecnologiche (come la televisione e le reti sociali su Internet) che hanno stravolto il mondo dell’informazione, della politica e della stessa vita quotidiana non furono capite e passarono inosservate sotto il naso dei giornalisti. La notizia della prima trasmissione televisiva avvenuta il 3 gennaio 1954 «non ha conquistato la prima pagina -scrive Intini- in nessun quotidiano. E neppure commenti autorevoli». Precisa: «Soltanto Montanelli, sul Corriere, fece un articolo qualche giorno dopo minimizzando e prendendo in giro. Può sembrare incredibile, ma è così». Da allora i problemi si sono moltiplicati in Italia e i giornali hanno visto crollare le vendite per molte cause (crisi economica, Internet, scarsa qualità del prodotto).
L’Italia soffre di gravi problemi in tutti i settori: comportamento verso la guerra in Ucraina, disuguaglianze sociali, informazione, politica, istruzione, economia. Nenni 40 anni fa, poco prima di morire, scrisse sulle prospettive del 1980 in un fondo sull’Avanti!: «Tutto è in discussione, tutto è posto di fronte all’alternativa di rinnovarsi o perire». Oggi quel dilemma è ancora irrisolto.