Alla fine la Ocean Viking ha portato i 230 migranti a Tolone in Francia e non li ha sbarcati a Catania in Italia. Ma s’incrina lo scudo internazionale di Mario Draghi Lord Protettore di Giorgia Meloni. Per la presidente del Consiglio italiana il trasferimento a Tolone è una vittoria amara.
Con Emmanuel Macron è scontro. L’accusa all’Italia è di aver violato le regole. Il presidente della Repubblica francese permette lo sbarco «in via eccezionale» per un motivo «umanitario». Contesta a Giorgia Meloni la violazione del diritto internazionale: sarebbe spettato all’Italia, porto sicuro più vicino, accogliere i migranti a bordo della nave della Sos Mediterranée, una organizzazione umanitaria non governativa.
Molto più esplicito è Gérald Darmanin. Il ministro dell’Interno francese usa toni bellicosi: il no dell’Italia allo sbarco a Catania dei migranti dalla Ocean Viking produrrà «conseguenze estremamente gravi per le nostre relazioni bilaterali». Intanto Parigi ha sospeso «con effetto immediato» l’accoglienza di 3.500 rifugiati attualmente in Italia.
Il governo italiano rigetta le accuse ma cerca di sdrammatizzare. Lamenta la mancanza di solidarietà francese ed europea sul fronte dell’immigrazione dai paesi africani e asiatici. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani parla di «una reazione spropositata».
Giorgia Meloni respinge le accuse di irresponsabilità, ricorda i 90.000 migranti accolti nel 2022 dall’Italia, è «molto colpita dalla reazione aggressiva» del governo francese e dalle ipotesi di «ritorsioni». Sarebbe saggio «isolare gli scafisti» e non l’Italia. La presidente del Consiglio punta a trovare una soluzione europea: «Se isoliamo l’Italia non abbiamo risolto il problema. L’importante è cercare soluzioni nel Consiglio Europeo». Ma per ora è muro contro muro. Parigi commenta: con il governo italiano «si è rotta la fiducia».
È totalmente cambiato il clima tra la Francia e l’Italia. A fine ottobre il faccia a faccia tra Macron e la Meloni, avvenuto a sorpresa a Roma, era andato abbastanza bene. Il presidente francese parlava di un «primo incontro» per consolidare il dialogo e l’amicizia tra i due Stati. La presidente del Consiglio rilanciava: «Ci capiremo, con la franchezza che ci è propria».
Era andato bene l’esordio con l’Unione Europea. Il primo viaggio all’estero della presidente del Consiglio è stato a Bruxelles ai primi di novembre. Si erano susseguiti sorrisi e strette di mano anche se su energia e migranti molti dissensi restavano. Non a caso commentava: «Sono contenta di come sia andata». La presidente della commissione europea Ursula von der Leyen la ringraziava per «il forte segnale» mandato con il suo viaggio.
Ma l’idillio con la Francia sembra già finito. Qualcosa non ha funzionato. Forse l’esultanza di Matteo Salvini verso la disponibilità dell’Eliseo ad accogliere i migranti della Ocean Viking non è stata presa bene da Macron alle prese con il sovranismo e con il no agli immigrati della destra e dei conservatori transalpini. Di qui l’indurimento immediato delle posizioni di Parigi.
Rischia di andare in fumo tutto lo sforzo di Draghi di accreditamento internazionale del nuovo governo di destra-centro. Tutto l’impegno per fugare i dubbi sulla credibilità democratica e occidentale su Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d’Italia, un partito post fascista. L’ex presidente del Consiglio, dopo la vittoria elettorale della coalizione di destra-centro, aveva garantito: «Non c’è preoccupazione» in Europa e negli Stati Uniti sul governo Meloni.
Ora c’è la necessità di ricucire lo “strappo” tra Italia e Francia. In gioco, oltre ai migranti e all’energia, ci sono importantissimi temi: i finanziamenti europei al Pnrr e il sostegno di Bruxelles al grande debito pubblico italiano. Solo pochi mesi fa Draghi, da presidente del Consiglio, aveva firmato con Macron il cosiddetto “Patto del Quirinale” perché siglato davanti al presidente della Repubblica Italiana. L’accordo prevedeva una cooperazione rafforzata in tutti i campi. Draghi mirava a costruire un asse europeo con la Francia inserendosi nella frattura apertasi tra Parigi e Berlino (non a caso Macron ha appoggiato la richiesta dell’ex presidente della Bce di porre un tetto ai prezzi europei del gas, proposta osteggiata dalla Germania).
Draghi ha cercato di aiutare Giorgia Meloni “prestandogli” anche il suo ex ministro Roberto Cingolani divenuto consulente per l’energia del governo di destra-centro (a titolo gratuito). Il tecnico Draghi ha assunto un ruolo di Lord Protettore del governo Meloni, come predisse Rino Formica a fine agosto. L’ex dirigente del Psi all’epoca di Bettino Craxi scrisse sul quotidiano Domani: Draghi poteva svolgere con la Meloni il ruolo del «lord protettore moderno».
Effettivamente è andata come aveva vaticinato Rino Formica ma le difficoltà sono subito arrivate per Giorgia Meloni. Mario Draghi Lord Protettore ma non troppo.