Tutto da rifare per la privatizzazione di Ita. Proprio come nel gioco dell’oca, le trattative dell’azionista pubblico per vendere la compagnia aerea nata un anno fa dalle ceneri di Alitalia sono tornate al punto di partenza. Con la tedesca Lufthansa in pole position e la cordata franco-americana scelta da Draghi fuori gioco. Certares, il fondo Usa alleato con Air France che il 31 agosto, grazie alla sua offerta, si era guadagnato il diritto a trattare in esclusiva l’acquisto del vettore italiano è infatti uscito definitivamente di scena.
Adesso, con Meloni a Palazzo Chigi e Giorgetti al Mef, l’azionista pubblico punta a portare Ita tra le braccia di Lufthansa. A una sola condizione: che il colosso aereo tedesco venga affiancato da un “investitore nazionale”. E questo è tutto ciò che rimane del patriottismo con cui la destra per anni ha alzato le barricate per impedire alla disastrata Alitalia di “passare allo straniero”.
Adesso che sono al governo, FdI e Lega hanno realisticamente archiviato l’italianità della compagnia di bandiera. E così il ministero dell’Economia tratta con Lufthansa, che non ha mai nascosto di voler comandare e quindi di puntare alla maggioranza. Lo schema a cui sta lavorando il Mef prevede allora di cedere la maggioranza di Ita al colosso aereo tedesco (“partner industriale solido”), affiancato da un “investitore nazionale” con una quota di minoranza e dallo Stato con il restante 20 per cento.
Eppure un potenziale azionista italiano c’era già. Dai tempi del governo Draghi, quando i tedeschi si erano presentati in cordata con Msc, il colosso delle crociere della famiglia Aponte. Ma il 21 novembre, Msc Group si è chiamato fuori dalla corsa per Ita e ha sciolto la cordata che l’univa a Lufthansa da gennaio.
Sembra che a spingere Aponte alla rinuncia siano state le scelte del nuovo governo molto sbilanciato su Lufthansa. Ma anche i problemi con cui Ita dovrà fare i conti a breve. Prima di tutto i bilanci in rosso, che senza la privatizzazione permetterebbero al vettore di andare avanti per non più di un anno. Poi ci sono le oltre mille cause di lavoro di dipendenti dell’estinta Alitalia che chiedono di essere riassunti e – dulcis in fundo – la crescita esponenziale delle compagnie low cost sul mercato italiano.