Otto dimissioni di ministri e viceministri in sette mesi rappresentano un primato di governo. Un record negativo e un chiaro segnale di difficoltà per qualsiasi premier. Ma nel caso del portoghese Antonio Costa l’instabilità dell’esecutivo è un’autentica sorpresa. Primo, perché il leader socialista viene da tempo additato come unico esempio di sinistra riformista vincente in Europa. Secondo, perché il suo PS ha la maggioranza assoluta in Parlamento, dopo aver stravinto le politiche del 30 gennaio scorso con il 41,7 per cento dei voti.
Adesso è quindi evidente che – paradossalmente – governo monocolore e maggioranza assoluta non fanno bene ai socialisti portoghesi. Come dimostrano gli errori politici e i casi di arroganza registrati dal trionfo del 30 gennaio scorso ad oggi. Per capire a fondo le difficoltà del Partito di Costa bisogna quindi analizzare le vere ragioni che hanno spinto alle dimissioni tanti membri del governo. Ci sono quelle per giustificati motivi personali, ma ci sono anche le sostituzioni determinate da motivi strettamente politici. Come l’uscita della ministra della Salute
Marta Temido, osannata ai tempi del Covid, per come aveva saputo gestire la pandemia. Questa volta non ha saputo far fronte alla carenza di medici e personale sanitario negli ospedali pubblici e ai grandi problemi nelle “Urgencias”, ossia nei reparti di Pronto Soccorso che da mesi funzionano a singhiozzo.
Bersagliata dai media, anche sotto la spinta della potente lobby della Sanità privata, il 30 agosto la ministra ha rassegnato le dimissioni. E qui si sono viste le prime difficoltà del premier, che ha rinviato di un paio di settimane la nomina del sostituto per evitare tensioni in Parlamento dove il governo stava per presentare il bilancio previsionale dei conti pubblici 2023.
A determinare la cacciata di João Neves e Rita Marques, rispettivamente Segretario di Stato all’Economia e al Turismo, è stata invece una lotta dentro il governo. Una guerra fratricida diventata insostenibile quando Neves ha contestato in pubblico il ministro dell’Economia che aveva sostenuto la necessità di abbassare l’IRS, l’imposta sui redditi.
La scarsa compattezza del monocolore socialista era comunque emersa subito dopo la sua nascita. Quando il potente ministro delle Infrastrutture Pedro Nuno Santos aveva presentato un decreto con la scelta di Alcochete, come sito per il nuovo aeroporto di Lisbona, nonostante il parere contrario delle opposizioni. Mossa avventata, che ha costretto Antonio Costa a revocare il decreto e a screditare il suo ministro. Spiegandogli pubblicamente che il nuovo sito dell’aeroporto della capitale va concertato con il PSD, il maggiore partito di opposizione. Perché una scelta così importante per il Paese non può essere presa in solitario dal governo socialista. Anche se in Parlamento ha la maggioranza assoluta e quindi avrebbe i voti per farlo.