L’Imu del comune di Roma è un po’ come l’amore giovanile: può far sbocciare una bella illusione seguita subito da una cocente delusione. La parola magica è rimborso, un termine raro quando si parla di tasse.
La parola magica rimborso l’ha fatta scoccare la sentenza della Corte Costituzionale dello scorso ottobre: la Consulta ha stabilito l’esenzione dell’Imu prima casa per entrambi i coniugi se effettivamente abitano le rispettive abitazioni di proprietà. Appresa la notizia il vostro cronista esulta perché da dieci anni solo lui ha l’esenzione prima casa ma non la consorte. Così la cassa comune puntualmente piange al pagamento piuttosto salato versato al Campidoglio. Respira a pieni polmoni. Finalmente finisce un’ingiustizia. Almeno questa è la speranza. Raccoglie la documentazione prevista per sé e per la moglie: residenza, bollette delle utenze domestiche pagate da lui e dalla consorte per le due abitazioni. Idem per il resto. Mette insieme le ricevute della nettezza urbana, del condominio e del riscaldamento. Obiettivo: ottenere il rimborso dal comune di Roma del saldo Imu 2022 pagato ai primi di dicembre secondo il manuale del contribuente modello.
È fiducioso. Pensa: il sindaco della capitale e la sua giunta sicuramente hanno predisposto tutta la macchina burocratica per un sollecito rimborso. Del resto la campagna elettorale di Roberto Gualtieri era centrata sull’efficienza dell’amministrazione capitolina, sintetizzata nello slogan “Roma in 15 minuti”.
L’avvio del percorso è ottimo. Lo 060606, il centralino del Campidoglio per le informazioni ai cittadini, risponde dopo 10 minuti. La voce di un ragazzo dice con sicurezza: «Telefoni a Aequa Roma. Il numero è 06-57131800. Le diranno come ottenere il rimborso».
Forse è fatta. Però un po’ scatta l’allarme: sul sito Internet di Aequa Roma, la struttura capitolina per le entrate, tra le tante voci ce ne sono solo due riguardanti l’imposta sugli immobili. Una è su “Imu 2022: ravvedimento per chi paga in ritardo” e un’altra è su “Dichiarazione Imu 2022”.
Manca invece ogni notizia su come avanzare la domanda per il rimborso dell’Imu come prevede la sentenza della Consulta. Chiamo Aequa Roma. Una segreteria telefonica mi invita a digitare sulla tastiera del telefonino un numero tra molteplici possibilità. Sempre la segreteria telefonica mi dà una informazione non piacevole: la chiamata è l’ottava, «tempo di attesa 12 minuti». Non mi faccio molte illusioni sul tempo di attesa, ma resto al telefono. Passano 20 minuti, scendiamo a 6 utenti in coda con «tempo di attesa di 2 minuti».
Sorge lo sconforto su queste comunicazioni sballate: non combaciano i numeri dei cittadini in coda con i tempi di attesa. Difatti poi scendiamo a 5 utenti e risaliamo a 12 minuti di attesa. La storia si ripete di continuo.
La segreteria telefonica si scusa per l’attesa e offre la possibilità di attaccare e di lasciare il numero telefonico dell’utente, ma segue una avvertenza: se entro un’ora l’ufficio non richiamerà, allora tutta la trafila va rifatta daccapo. Corre un brivido: se il servizio di Aequa Roma è come quello di Ama e Atac non finirà bene. Il degrado a Roma è forte. Comunque l’audacia spinge a continuare, a sfidare la sorte.
L’attesa è lunghissima, esasperante. Alla fine una voce di una signora risponde dopo ben 55 minuti. La domanda è immediata: qual è la strada per richiedere il rimborso in base alla sentenza della Consulta? La risposta lascia di stucco: ancora manca una procedura specifica, «occorre attendere», ancora «di scritto non c’è nulla» su quale meccanismo usare per chiedere il rimborso. La contestazione è facile: la sentenza della Corte Costituzionale risale ai primi di ottobre, a due mesi fa! Gentilmente l’impiegata suggerisce di utilizzare un modulo da scaricare dal sito Internet del comune di Roma. L’indicazione è sconfortante. Già fatto in precedenza, anche lì non esiste un modulo apposito. Andrebbe precisato il caso non contemplato ma rischiando di vedere tutto inghiottito dalla burocrazia digitale. Anche il sistema informatico del comune di Roma, come tanti altri, può fare brutti scherzi.
Domanda: «Forse è meglio aspettare!?». Risposta: «Le spetta. È meglio attendere!». I tempi di attesa, inutile dirlo, sono ignoti.