Con buona pace della celebre massima andreottiana, secondo cui «il potere logora chi non ce l’ha», lo strapotere del PS di Antonio Costa, sta logorando il governo monocolore che da meno di un anno guida il Portogallo con la maggioranza assoluta dei voti in Parlamento. Undici uscite di ministri e sottosegretari, dimissionari o dimissionati dal premier, dimostrano chiaramente le grandi difficoltà dell’esecutivo socialista.
A poche ore dalle dimissioni forzate del sottosegretario di Stato Alessandra Reis, determinate da mezzo milione di euro corrispostole dalla TAP (come “indennizzo” concordato per l’uscita anticipata dalla compagnia aerea pubblica), si è dimesso anche Pedro Nuno Santos, il potente ministro delle Infrastrutture, al quale spettava la vigilanza sulla TAP.
Ancora una settimana ed ecco un altro “scandalo”, questa volta è toccato al ministero dell’Agricoltura, dove il segretario di Stato Carla Alves, è rimasta in carica solo 24 ore, prima di essere spinta alle dimissioni dal presidente della Repubblica che non ha avallato la sua nomina. La spiegazione, secondo alcune indiscrezioni di stampa, è che Carla Alves, ha «diversi conti sospesi, a seguito di un’indagine della Procura della Repubblica sul marito, Américo Pereira (PS), ex sindaco di Vinhais». Con una forte discrepanza tra il reddito dichiarato e il saldo dei conti bancari della coppia tra il 2013 e il 2020.
A differenza del marito, accusato di «prevaricazione, partecipazione economica ad affari e corruzione attiva», Carla Alves non è indagata dalla magistratura, ma questo non è bastato al presidente della Repubblica Marcelo de Sousa per avallare la scelta di Costa. E a nulla è valsa la difesa tentata dal ministero delle Politiche agricole secondo cui Carla Alves «non è oggetto di alcun procedimento penale» e quindi «non vi è questione che metta in discussione la sua nomina».
Vista la situazione, è chiaro che a Lisbona l’esecutivo, il Partito Socialista e il segretario-premier sono sull’orlo del precipizio. Ma allo stato delle cose, vista la debolezza delle opposizioni, sia di destra che di sinistra, non esiste un’alternativa di governo al PS. Secondo indiscrezioni filtrate da Belém, il capo dello Stato concederà a Costa ancora un anno per «salvare la legislatura della maggioranza assoluta». E così il 2023, che era già un anno “impegnativo”, adesso diventa “decisivo”, anche perché è un anno senza elezioni. L’unico da qui alle prossime politiche.
E adesso? Antonio Costa, premier da sette anni e due mesi, ha già messo a segno un primato: è il primo ministro che ha governato di più nella breve storia della giovane democrazia portoghese. Non solo, ma dopo sei anni di governo ha vinto le ultime elezioni portando il PS alla maggioranza assoluta. Si tratta di un ottimo curriculum che può spendere fuori dal Portogallo. Ma deve far presto, prima che la sua immagine venga offuscata dal collasso del governo. E così alcuni osservatori prevedono a breve le sue dimissioni e un cambio della guardia al vertice del Partito Socialista. Un’uscita di scena che nel 2024 permetterebbe a Costa di puntare a Bruxelles, a quella presidenza del Consiglio Europeo ora guidata dal un liberale, il belga Charles Michel.