Mancano ormai pochi giorni al triplice appuntamento di Trieste, che confermerà il crescente ruolo di questa città sulla scena internazionale, con particolare riferimento allo sviluppo dei rapporti tra l’Unione Europea (UE) e gli Stati dell’Europa centro-orientale, membri e non membri di essa, grazie alla propria condizione di Porta d’Europa per chi proviene da Est, attraverso la quale transitano uomini e merci, giungono investimenti, e si creano opportunità di lavoro e di scambi economici e culturali. Il 14, il 24 e il 27 gennaio prossimi, infatti, si terranno a Trieste un vertice nazionale, una conferenza internazionale, e una visita istituzionale in una data simbolica.
Il vertice nazionale avrà come oggetto lo svolgimento di un tema scottante, quello della gestione dei migranti che giungono a Trieste e a Gorizia attraverso la Rotta balcanica, con particolare riferimento alla loro sistemazione e al loro eventuale ricollocamento. La sistemazione è resa estremamente difficoltosa dalla saturazione delle strutture di accoglienza, che costringe ad abbandonare per strada coloro ai quali non si è riusciti a procurare un tetto. Il ricollocamento è a sua volta reso difficoltoso dall’atteggiamento poco collaborativo di molti Comuni, in specie dell’alta Italia, spesso a conduzione leghista, e di altri Stati-membri dell’UE.
Interverranno il ministro degli Interni Piantedosi e il ministro per i Rapporti con il Parlamento Ciriani. Come si ricorderà, Piantedosi è stato ed è attualmente al centro di molte critiche per le sue posizioni rispetto al problema del salvataggio in mare dei migranti irregolari che sfidano la sorte pur di raggiungere l’agognata mèta europea, imbarcandosi sulle coste della Libia e della Tunisia, e affrontando la traversata dello Stretto di Sicilia in condizioni di totale insicurezza. Quanto a Ciriani, esponente di Fratelli d’Italia, egli evidenzia da tempo le criticità che nascono dal fatto che Trieste è il terminale occidentale alla Rotta Balcanica.
L’evento sarà il primo banco di prova del nuovo prefetto di Trieste, Serviello, insediatosi da pochi giorni, cui spetta di organizzarlo. Ovviamente, sarà presente anche il Presidente della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, il leghista Fedriga. Questi ha dichiarato nei giorni scorsi che Trieste, poiché è già toccata dalla Rotta balcanica, non può essere inserita nella lista dei porti sicuri per lo sbarco di migranti dalle navi delle organizzazioni non governative (ONG).
Al Presidente Fedriga certamente non sfugge che Trieste è un luogo di transito per i migranti irregolari provenienti dall’Est, e che appena qualche giorno fa il Prefetto uscente ha rendicontato che è attualmente presente in città solo una percentuale minima del totale dei migranti irregolari che vi sono giunti nel 2022, e che, una volta identificati, hanno proseguito per altre destinazioni in Italia e nel resto dell’UE.
La conferenza internazionale prevista per il 24 gennaio tratterà il tema del partenariato tra l’Italia e i Balcani Occidentali, con la partecipazione del ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale Tajani, della sottosegretaria all’Economia e alle Finanze Savino, del presidente della Confindustria Bonomi, e degli ambasciatori italiani in Albania, Bosnia ed Erzegovina, Kosovo, e Macedonia del nord.
Il tema indicato è intimamente legato al processo dell’ulteriore allargamento a Est dell’UE dal punto di vista istituzionale politico, economico, e finanziario, su cui sono recentemente emerse posizioni differenziate con riferimento per esempio al fatto che la Francia non vede la necessità e l’urgenza di affrettarlo, diversamente dall’Italia, per la quale l’apertura ai Balcani è di fondamentale importanza.
Questo percorso si concluderà con l’ingresso nell’UE degli stati nati dalla dissoluzione della ex-Jugoslavia che ancora non ne fanno parte e dell’Albania. Trieste e Gorizia vi sono pienamente coinvolti, ed è agevole prevedere che lo saranno ancora di più in futuro, quando l’UE, auspicabilmente, sarà diventata una realtà politica in grado di dialogare in condizione di parità con gli Stati Uniti d’America e la Cina, per essersi dotata di una politica estera comune, di una politica energetica comune, e anche di un esercito comune integrato nella NATO, avendo la Francia accettato di mettere in comune il proprio diritto di veto al Consiglio di sicurezza dell’ONU e l’arma nucleare (che, nell’ambito dell’UE, è solo essa a possedere).
Ricordiamo, per esempio, che l’episodio dell’abbattimento dell’ultimo confine della Guerra Fredda in Europa, avvenuto nella Piazza della Transalpina a Gorizia nel 2004, divisa dal Trattato di Parigi (1946) tra l’Italia e la Jugoslavia, alla presenza della Commissione dell’UE; il fatto che Gorizia sarà capitale europea della cultura nel 2025, assieme alla contermine Nova Gorica in Slovenia; e che la collaborazione sul piano culturale è fondamentale perché questa possa estendersi anche altri settori.
Ricordiamo anche che Trieste sta rinascendo in tutti i sensi e si sta internazionalizzando dopo un lungo periodo di declino, non tanto o non solo perché è diventata un centro turistico e un luogo d’intensa concentrazione di istituzioni scientifiche, anche internazionali, quanto soprattutto per il continuo aumento dei volumi di traffico commerciale che transitano attraverso il suo porto.
È comunemente ritenuto tra gli esperti, non solo in Italia che il porto di Trieste sia strategico per la sua posizione geografica, e sia uno dei migliori del Mediterraneo, per i suoi fondali, i suoi ampi spazi, recentemente accresciuti, le sue numerose e moderne attrezzature, le molteplici, efficienti ed efficaci infrastrutture che lo collegano al resto d’Italia e d’Europa, le sue considerevoli potenzialità di sviluppo. Se, come molti si augurano, il porto di Trieste riuscisse a fare sintesi con il porto di Ravenna e il porto di Fiume in Croazia, diventerebbe un fondamentale punto di raccordo con il Nord Est dell’Europa da un lato, e con la Turchia, il Medio Oriente, e l’Estremo Oriente dall’altro, alla pari del Pireo in Grecia.
Il principale ostacolo che si pone sulla via dell’integrazione nell’UE dei Paesi della ex-Jugoslavia che ancora non ne fanno parte, e dell’Albania, è quello della salvaguardia dell’identità nazionale, che deve comunque avvenire in un quadro di osservanza dei principi fondamentali di libertà ed eguaglianza, rispetto delle minoranze, che sono alla base della costruzione europea e pertanto non negoziabili. Da tempo, i cosiddetti Paesi del Gruppo di Visegrad (Cekia, Slovacchia, Polonia, e Ungheria), creano ostacoli a questo processo in nome della difesa di interessi particolari (che nel caso dell’Ungheria forse celano qualcos’altro — ci si riferisce agli stretti rapporti tra l’Ungheria e la Russia di Putin). Tra l’altro, si oppongono alla nascita di un esercito europeo, integrato nella NATO.
È diffusa l’opinione che debbano essere lasciati indietro, con la nascita di un’Europa a due velocità, dove il blocco che va più in fretta è quello dei Paesi fondatori dell’UE, legati agli Stati Uniti d’America. Alla fine si convincerebbero che l’Europa non ha scelta, che essi stessi non hanno scelta.
Il ciclo di eventi considerato in esordio si concluderà con l’incontro del ministro Piantedosi con la comunità ebraica di Trieste e il suo omaggio alle vittime della Shoah nel Giorno della Memoria.
L’incontro si giustifica con l’importanza che la comunità ebraica ha sempre avuto e ha attualmente a Trieste. Questa città è infatti sede di una delle maggiori comunità ebraiche italiane.
La presenza degli Ebrei in città è documentata fin dal 1236 e si è ingrossata nel corso del tempo con l’arrivo di Ebrei dalla Germania e da alcuni possedimenti della Serenissima Repubblica di Venezia. Nel XIX secolo gli Ebrei di Trieste hanno svolto ruoli importanti nel campo degli studi, dell’industria, del commercio e delle assicurazioni (le Assicurazioni Generali di Trieste, va ricordato, sono state fondate da tre Ebrei). Samuel David Luzzatto (1800-1865), ebraista, poeta, storico ed esegeta biblico, traduttore e bibliografo, lo scrittore e drammaturgo Italo Svevo (il cui vero nome era Aron Hector Schmitz, 1861-1928), lo scrittore e saggista Giorgio Voghera (1908-1999), e il poeta Umberto Saba (1883-1957), erano Ebrei di Trieste. Nel 1912, è stata inaugurata a Trieste la nuova sinagoga monumentale, una delle più grandi d’Europa, oggi una testimonianza dell’importanza economica, culturale e sociale che le Comunità ebraiche avevano in seno all’Impero Austro-Ungarico sotto il governo degli Asburgo. Nel 1931, vi erano a Trieste 5.021 Ebrei. Nel 1938, ve n’erano quasi 7.000, il 25% dei quali non era di nazionalità italiana.
Proprio allora il regime fascista approvò le famigerate leggi razziali, con un celebre discorso pronunciato da Mussolini dal balcone del Municipio di Trieste, dinanzi a una folla oceanica (nella piazza antistante esiste oggi una targa in memoria dell’evento, rilevante per la storia non solo della città, ma di tutta Italia). Nel 1940 e successivamente, la comunità ebraica di Trieste subì attacchi da parte dei fascisti e dei nazisti, con rastrellamenti, deportazioni di massa, e uccisioni in serie nella Risiera di San Sabba a Trieste (il solo campo di sterminio nazista in Italia) e nel lager di Auschwitz. Ricordano i moltissimi triestini uccisi nelle camere a gas e poi bruciati nei forni crematori le numerose pietre d’inciampo oggi sparse per la città. Nel 1945, erano solo 2.300 gli Ebrei rimasti a Trieste. Nel 1965 solo 1.052.