L’Occidente deve fare i conti con l’invio delle armi all’Ucraina. Un anno di guerra ha un bilancio pesantissimo per i morti, le distruzioni subite da Kiev ma anche per le conseguenze politiche e geopolitiche. Il governo italiano, quegli europei ed occidentali sostengono con decisione Volodymyr Zelensky contro l’aggressione di Vladimir Putin ma devono fare i conti con cittadini sempre più contrari.
Il 58% degli italiani è ostile all’invio delle armi all’Ucraina (è il sesto), secondo un sondaggio di Euromedia Research pubblicato da La Stampa e ripreso da molti altri giornali. Il 68% boccia un eventuale intervento della Nato contro la Russia, appena il 33,9% è favorevole a fornire a Kiev i carri armati tedeschi Leopard 2. La solidarietà verso gli ucraini è sempre forte dopo l’invasione fatta scattare dal Cremlino il 24 febbraio 2022, ma prevale la spinta verso la ricerca del negoziato, del cessate il fuoco, della pace.
I perché sono soprattutto economici. Putin ha usato il petrolio e il gas esportati dalla Russia come un’arma nucleare. Nel 2022 i prezzi sono esplosi mettendo in ginocchio le imprese e le famiglie. In Italia i costi delle bollette del gas e della corrente elettrica sono più che raddoppiati in un anno. L’inflazione è schizzata a più del 10% facendo salire tutti i prodotti, in testa gli alimentari. La crisi energetica ha colpito in egual misura tutti i paesi europei. Non a caso il fronte del no all’invio delle armi è vasto tra larga parte dei cittadini della Ue.
Le sanzioni economiche contro la Russia e la forte inflazione hanno determinato un grave contraccolpo geopolitico a danno delle democrazie occidentali. Molte nazioni in via di sviluppo e quelle più povere di Africa, Asia, America Latina non hanno condannato l’invasione russa e non hanno aderito alle sanzioni decise dagli Stati Uniti, dall’Unione Europea e dai paesi del G7. Il Sud Africa, pur essendo un paese democratico, si è avvicinato alla Russia e alla Cina. Questo mese Pretoria terrà una esercitazione militare congiunta con Mosca e Pechino. Il Brasile si sta muovendo su una linea analoga. Luiz Inàcio Lula da Silvia, il nuovo presidente di sinistra che ha battuto per una manciata di voti Jair Bolsonaro, ha vietato l’esportazione di munizioni a Kiev per i carri armati. I paesi più poveri, poi, guardano con angoscia all’inflazione perché moltiplica i tassi d’interesse sul loro alto debito pubblico.
L’India, la più grande democrazia del mondo, non ha applicato le sanzioni a Mosca e compra dal Cremlino petrolio e gas a prezzi scontati. La Cina fa lo stesso. Resta un alleato strategico della Russia anche se Xi Jinping ha un atteggiamento tiepido verso Putin perché la guerra danneggia la sua economia. Il presidente cinese vuole la pace come Papa Francesco e come il presidente turco Erdogan.
Zelensky chiede sempre l’invio delle armi all’Ucraina: vuole gli aerei da caccia americani F16. Qualche paese dell’Europa orientale non esclude l’ipotesi ma c’è il secco no del presidente statunitense Joe Biden (che pure ha detto sì alla fornitura di carri armati Abrams) e della Repubblica federale tedesca. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz è nettamente contrario perché teme un conflitto «tra la Russia e la Nato». Molti sostengono la guerra ad oltranza contro Putin perché non si può trattare con un dittatore. La tesi è singolare: gli Stati Uniti e gli alleati occidentali negoziarono con Josef Stalin, anzi si allearono per sconfiggere il nazifascismo. Ma la storia non è relegata solo a 80 anni fa. Nei mesi scorsi Erdogan ha fatto da mediatore nel negoziato tra Mosca e Kiev per sbloccare le esportazioni di cereali dall’Ucraina. La trattativa ha avuto successo.
Se si combatte e parallelamente si cerca il negoziato si apre una breccia nelle file dell’avversario, è possibile un cessate il fuoco. Già ora il presidente russo è molto indebolito: è criticato all’interno sia dagli oppositori democratici sia dai gruppi ultra nazionalisti. Se si punta solo sulle armi si rischia il disastro: la Russia è una superpotenza atomica. «Dove non passano le merci, passeranno gli eserciti», diceva all’inizio del 1800 l’economista francese Frèdèric Bastiat. Il presidente ucraino Zelensky oltre a chiedere altre armi il 24 febbraio sarebbe pronto a presentare all’Onu un piano di pace in 10 punti.