La “notizia” non è tratta da un giornale “estremista”, uno di quelli che si battono per la legalizzazione delle sostanze stupefacenti almeno quelle “leggere”, o da qualche pubblicazione
pregiudizialmente ostile al Governo attuale. La “notizia” è ricavata dal posato e tranquillo Avvenire, che è pur sempre il giornale della Conferenza Episcopale dei Vescovi: quotidiano prudente e cauto nel soppesare gli effetti di quello che pubblica sui suoi lettori. Eccola la “notizia”, breve, integralmente riproducibile:
«Cento incontri in un anno, non solo nelle scuole, ma stavolta un’assemblea organizzata dall’associazione “Meglio legale”, che si batte per la legalizzazione della cannabis, è stata interrotta dall’intervento della polizia. Gli agenti si sono presentati in aula, mercoledì, nell’istituto superiore Majorana-Cascino di Piazza Armerina, nell’Ennese, identificando gli organizzatori dell’iniziativa. Alla polizia non sono bastate le rassicurazioni della preside, Lidia Gangi, date telefonicamente a un ispettore, sul fatto che l’assemblea era stata regolarmente autorizzata».
Assemblea autorizzata dalla preside, dunque non è stata lei a sollecitare l’intervento della polizia.
Come nasce l’iniziativa? Chi l’avverte? A che titolo la polizia irrompe in un istituto scolastico dove non è stata chiamata dalla responsabile, e nonostante le rassicurazioni avute? Deve essere stata una ben autorevole segnalazione, a cui non si poteva dire di no. Ancora: perché si identificano i partecipanti all’assemblea, studenti che di tutta evidenza sono impegnati alcuni a porre domande, altri ad ascoltare risposte? Insomma: chi ha “ordinato” questa irruzione della polizia in una scuola, e perché; si può discutere se sia “meglio” legalizzare le sostanze stupefacenti “leggere”, ridurle alla stessa stregua del tabacco o dell’alcool; ma chi stabilisce che assemblee con all’ordine del giorno la guerra in Ucraina o il disboscamento forzoso delle foreste brasiliane possono aver luogo, mentre altre come questa “meglio legale” richiede l’identificazione dei partecipanti (e poi? Una volta identificati, cosa?).
Si vorrebbero avere dei chiarimenti dalle locali autorità, e perfino – si è presuntuosi – dai vertici supremi: in questo caso i ministri dell’Interno e dell’Istruzione. Ritengono “normale” quanto accaduto nell’istituto superiore Majorana-Cascino di Piazza Armerina? Si pongono gli interrogativi che ci si è posti nel leggere Avvenire? Senza scomodare John F. Kennedy o inviare circolari di dubbio sapore, basta un “sì, è normale”, o un “no, non è normale”.
Per dirla con Totò: «Sa, è una semplice informazione…».
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Il Signor Ministro dell’Interno ogni giorno ne dice una. Conia l’ineffabile frase «carichi residuali», riferendosi agli immigrati. Per meglio chiarire il concetto rimprovera i suoi critici ammonendoli che se ci si vuole fermare all’esegesi delle espressioni burocratiche, «fate pure» (grazie per l’autorizzazione, Signor Ministro), «ma non accettiamo lezioni da nessuno dal punto di vista del rispetto dei diritti umani».
Il Signor Ministro teorizza che nessun padre, per quanto disperato, dovrebbe mettere i suoi figli nella situazione in cui si sono trovati quei poveretti morti a poche centinaia di metri dalle coste di Cutro (lo fanno anche le madri che quei figli, carne della loro carne, li mettono al mondo, Signor Ministro). Per confermare che in materia di diritti umani nessuno può fare l’esegesi di quello che dice, scova un brano del discorso di insediamento del presidente John F. Kennedy, quello dove si esorta a non chiedere al Paese di fare qualcosa, piuttosto di essere pronti a fare qualcosa per il Paese. C’entra come i cavoli a merenda, ci sarebbe da sorridere, non fosse che viene pronunciata in un contesto tragico.
Il Signor Ministro sappia che qui piace l’esegesi: significa critica di un testo nelle sue forme. La critica, Signor Ministro, è l’essenza della democrazia; le forme, Signor Ministro, sono la sostanza delle cose.
Quel discorso di Kennedy del 20 gennaio 1961 va letto tutto. Quanto meno il periodo che precede la frase che il Signor Ministro ha voluto utilizzare: «È sicuramente tempo di mutar rotta, è tempo di destarsi, di stare all’erta, di mostrar vigore, di non rimasticare più le stesse frasi fatte, di non pestare più le stesse tracce».
Sicuramente Kennedy pensava a un’altra rotta, rispetto a quella che indica il Signor Ministro.
In tema “kennedyano”, si ricorda al Signor Ministro che quel 20 gennaio del 1961 a Washington, c’era almeno un milione di persone ad acclamare Kennedy; e c’era anche un italo-americano, nato a Napoli 48 anni prima, Luigi Boschetto. Fa il garzone di barbiere a Napoli; a undici anni sbarca in America, con le unghie e i denti fa fortuna; nel 1956 acquista la licenza per il negozio di parrucchiere nell’hotel Park Lane, uno dei più eleganti di New York. Al Park Lane Kennedy stabilisce la sua residenza newyorkese nel periodo elettorale pre-inaugurale: Boschetto viene chiamato a sistemargli i capelli, Kennedy ne rimane soddisfatto, quel ragazzo venuto da Napoli diventa il parrucchiere del presidente.
Il senso di questa storia, al Signor Ministro che nulla ha da imparare in materia di diritti umani, non si proverà a spiegarlo; anche se probabilmente si dovrebbe, pur consapevoli dell’inutilità del tentativo.
Il Signor Ministro ha voluto chiarire il senso della sua frase sulla disperazione che non giustifica che per disperazione si possa abbandonare una terra dove si muore di fame, sete, malattia, guerra, in cerca di fortuna “altrove”: «Ho solo detto fermatevi, veniamo a prendervi noi attraverso strumenti legali come i corridoi umanitari».
Corridoi umanitari: dove, come, protetti da chi, Signor Ministro: nell’Afghanistan dei Talebani, nella Siria di Assad, nella Libia di non si sa chi, nell’ex Africa un tempo francese ora preda dei mercenari Wagner agli ordini di Mosca, della Cina, del terrorismo salafita e islamista?
Quelle migliaia e migliaia di profughi, sono già disperati di loro. Non aggiunga Signor Ministro, ulteriore motivo di disperazione.
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Heri Giorgia Meloni dixit. Prima dichiarazione:
«Siamo la nazione che l’anno scorso ha fatto scappare centomila italiani all’estero e ha portato in Italia in tre anni cinquecentomila immigrati richiedenti asilo. Penso che ci sia un disegno di sostituzione etnica in Italia».
Seconda dichiarazione:
«Dobbiamo capire che dietro questo grande tema dell’immigrazione incontrollata, non c’è il tentativo episodico di persone che sperano di sbarcare in Europa. C’è un movimento organizzato, c’è anche un disegno di destrutturazione della società».
La prima dichiarazione è del 20 giugno 2017. La seconda del 19 giugno 2019. Un tempo sufficiente per capire CHI è l’autore di questo presunto disegno di sostituzione etnica in Italia. CHI organizza e gestisce questo movimento e disegno di destrutturazione della società. Oltretutto chi ha rilasciato queste dichiarazioni oggi è presidente del Consiglio, a capo di una maggioranza solida in Parlamento (almeno numericamente), e con tutti gli strumenti necessari per fare luce e verità su quanto sostenuto nel 2017 e nel 2019.
Dunque, Giorgia Meloni può fornire qualche chiarimento in merito a quel “movimento organizzato”, a quel “disegno di sostituzione etnica in Italia”, a quel “movimento e disegno di destrutturazione della società”?