Elly Schlein e Giorgia Meloni: primo segretario donna del Pd, primo presidente del Consiglio dei ministri donna, al di là delle facili contrapposizioni al femminile, si tratta di un traguardo impensabile solo fino a qualche anno fa. Giorgia ed Elly, mettiamo da parte le partigianerie politiche che, nella nostra ottica, poco ci riguardano e analizziamo il percorso, senza ovviamente
pretendere di essere in qualche modo esaustivi, ma una cosa appare evidente nella sua concretezza: entrambe si sono messe in gioco senza alcun apporto o supporto diretto, certo ne hanno conquistati, ma solo lungo il percorso intrapreso.
È innegabile che per secoli la società, la politica e il potere consolidato delle classi dominanti (rappresentato esclusivamente dagli uomini) le abbia tenute, nel migliore dei casi, ai margini, mentre nel peggiore non ci sono definizioni consone a descrivere le vessazioni subite. Oggi, almeno nel mondo cosiddetto civilizzato, progressista e moderno (anche se spesso non lo è affatto) non esistono più, almeno ufficialmente, limitazioni di sorta per le donne. E, oggettivamente ormai non sono poche le donne che primeggiano nei settori più disparati e diversi di queste società “evolute”. Giorgia Meloni e Elly Schlein ne sono, sul fronte della politica, due esempi evidenti, ma se ne potrebbero citare molti altri. Certo questo non significa che tutti i pregiudizi siano stati superati, purtroppo ancora oggi il femminicidio, i maltrattamenti tra le mura domestiche, gli stupri, le violenze e, soprattutto un certo modo di vedere le donne, hanno percentuali e cifre vergognose per il nostro Paese e in diverse altre società evolute.
Giorgia Meloni e Elly Schlein hanno quindi raggiunto alcuni degli obiettivi che si erano prefissate solo grazie alla loro volontà e determinazione. In questo quadro che cristallizza una realtà possibile, pur tra mille difficoltà e “tranelli” continua ad essere in vigore la legge (in realtà spesso ignorata) del 2011, “Parità di accesso agli organi delle società quotate” e successive modifiche, mentre la politica si autogestisce come meglio crede e a seconda del contesto sociale nel momento della preparazione delle liste. Quindi come troppo spesso avviene nel nostro Paese si legifera, ma non si è mai, o quasi mai, in condizione di verificare l’applicazione delle norme e non solo sul fronte delle “quote”, ma in svariati ed eterogenei settori, l’elenco ci porterebbe via qualche ora… In ogni caso, l’imposizione della presenza femminile non risolve il problema che è e resta una questione culturale, serve solo a fare propaganda, a dimostrarlo sono le tante, tantissime donne che senza alcun ricorso alle quote rosa sono riuscite, riesco e riusciranno e coronare sogni, obiettivi e traguardi.
In Italia si iniziò a festeggiare l’8 marzo subito dopo la fine della guerra, tra il 1946 e il 1947, l’idea di ricorrere ad un fiore semplice ed economico come la mimosa fu di tre donne: Teresa Mattei, Rita Montagnana e Teresa Noce, tre donne della Resistenza, tre donne che contribuirono con forza e caparbietà alla stesura della nostra Carta Costituzionale, nell’Assemblea Costituente.