Protagonista del più grande scandalo politico della giovane democrazia portoghese, José Sócrates, l’ex premier e segretario socialista finito in carcere nove anni fa con l’accusa di corruzione, è a pochi mesi dalla prescrizione dei reati per i quali è ancora indagato dalla magistratura.
Fu arrestato a novembre 2014 nell’aeroporto di Lisbona mentre rientrava da Parigi. La spettacolare messa in scena rientrava nell’ambito della cosiddetta “Operação Marquês”, l’indagine giudiziaria avviata per scoperchiare quella che aveva tutto l’aspetto di una Tangentopoli portoghese. Con una trentina di imputati tra imprenditori, banchieri, amministratori e noti uomini d’affari. Tutti accusati di corruzione, riciclaggio, frode fiscale, traffico d’influenze, falsificazione di documenti, e via elencando.
Vista la gravità delle accuse a suo carico, Sócrates fu ammanettato appena sbarcato dall’aereo e portato al comando metropolitano della polizia di Moscavide per essere immediatamente rinchiuso dietro le sbarre, in attesa del suo primo interrogatorio giudiziario. Dopo tre giorni il giudice che lo aveva interrogato decise di porre l’ex leader in custodia cautelare. L’imputato più famoso del Portogallo fu quindi trasferito nel carcere di Evora, una struttura di massima sicurezza inaugurata ironicamente durante il suo mandato, come detenuto numero 44 della cella numero 44 dove trascorrerà nove mesi prima di tornare a piede libero.
Fu rinviato a giudizio ad aprile 2021, tra mille polemiche, dal garantista giudice istruttore Ivo Rosa solo per frode fiscale e falsificazione di documenti, e non per la corruzione che gli era stata contestata dal pubblico ministero, dopo la scoperta di 34 milioni di euro depositati in vari conti esteri. Adesso quello che resta del processo risulta bloccato in Tribunale da una raffica di ricorsi presentati dagli avvocati dell’ex premier. Ma siccome le prime prescrizioni cominciano nel 2024, la domanda su quando Sócrates verrà giudicato in Tribunale è ormai diventata ricorrente tra i commentatori politici portoghesi. Con una risposta altrettanto ricorrente: “Mai”.
Ipotesi altamente probabile, visto che l’ex premier ha sempre sfidato i magistrati che lo avevano portato sul banco degli imputati, sostenendo di essere vittima di una “persecuzione”. Uno scontro aperto che ha toccato l’apice con il ritorno dell’amico Lula al vertice del Brasile. Quando Sócrates, durante tutta la campagna elettorale andava e tornava dal Brasile, per “dare una mano” all’amico che si era candidato contro Bolsonaro.
Se poi il Tribunale portoghese contestava la “mancata comunicazione” agli inquirenti d’un viaggio all’estero da parte di un cittadino che fino a prova contraria risultava ancora in attesa di giudizio, la risposta degli avvocati di Sócrates era che il loro assistito non era tenuto a farlo. E se allora non è successo niente e non è stata presa alcuna misura restrittiva contro l’ex premier portoghese, figuriamoci adesso che Lula è di nuovo presidente di un paese enorme e “amico” di Lisbona, come il Brasile…