Oltre quattromila arrivi di migranti in quattro giorni rappresentano una conferma del nuovo boom di sbarchi sulle coste italiane, che nei primi due mesi e mezzo del 2023 sono triplicati rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Ma, a tre settimane dagli 86 morti nel naufragio di Cutro, l’aumento dei clandestini diretti in Italia può anche essere letto come un contrappasso che colpisce la linea dura del Viminale e del governo sull’immigrazione.
Già, perché dopo essere stata costretta a difendersi per non aver attivato il protocollo Sars mettendo in moto la Guardia Costiera per salvare il caicco e il suo carico di disperati in balia delle onde, la premier ha deciso di gettare acqua sul fuoco delle polemiche ricevendo a Palazzo Chigi alcuni parenti delle vittime. Lo ha fatto venti giorni dopo la tragedia. Mossa da interpretare come tentativo di cambiare l’immagine del governo italiano sull’immigrazione. Operazione mediatica confermata anche dalle decine di imbarcazioni italiane di Guardia Costiera, Marina e Finanza che adesso solcano il Mediterraneo impegnate nei soccorsi.
Immagine simbolo di questa correzione di rotta è la nave della Guardia Costiera Diciotti che il 15 marzo arriva nel porto di Reggio Calabria con 589 migranti a bordo che vengono sbarcati e trasferiti verso le «destinazioni indicate dal Viminale». L’obiettivo è ancora una volta quello di mostrare un volto meno arcigno all’UE, dove Giorgia Meloni sta per andare a discutere di flussi e ricollocamenti chiedendo il sostegno di Bruxelles e degli altri Paesi dell’Ue.
La domanda allora è: «Ma valeva la pena di esordire a Palazzo Chigi con la chiusura dei porti e una serie di restrizioni alle navi delle Ong sospettate di ignorare la legge del mare e gli obblighi di soccorso fissati dal diritto internazionale?». La risposta ovviamente è una sola: «No».
A questo punto vale comunque la pena di ricordare che a fine ottobre il prefetto Matteo Piantedosi, come primo atto da neoministro dell’Interno, annuncia il ritorno alla politica dei porti chiusi. Detto, fatto. Il 26 ottobre arriva il blocco per Ocean Viking e Humanity 1, due navi Ong cariche di migranti e dirette in Italia. Il Viminale fa anche sapere che Humanity 1 batte bandiera tedesca e quindi deve tornare in Germania. Piantedosi annuncia un «pacchetto d’interventi» contro l’immigrazione e convoca per il 27 il Comitato nazionale per l’ordine pubblico e la sicurezza. Con le navi bloccate in mezzo al mare, la tensione sale alle stelle e da parte di mezza Europa piovono le accuse al governo italiano per violazione del diritto internazionale e degli obblighi di Soccorso in mare. A questo punto Giorgia Meloni capisce che non può ritrovarsi da sola contro tutti e comincia a mediare con Bruxelles. Una settimana dopo Humanity 1 entra nel porto di Catania…