Decisa e spericolata svolta europeista di Meloni. Spread sotto controllo, a sorpresa. In molti davano una esplosione del differenziale dei tassi d’interesse tra i Btp decennali italiani e gli analoghi titoli del debito pubblico tedesco. In molti davano per spacciata Giorgia Meloni sotto il peso dell’aumento dei costi per finanziare il debito pubblico italiano.
Nel governo Meloni a dicembre l’allarme era fortissimo per il netto aumento dei tassi d’interesse decisi dalla Bce (Banca centrale europea). Non a caso il ministro della Difesa Guido Crosetto, stretto collaboratore della presidente del Consiglio, attaccava la presidente della Bce Christine Lagarde: «Non ho capito il regalo di Natale che la presidente Lagarde ha voluto fare all’Italia».
Spread sotto controllo, invece. Lunedì 27 marzo lo spread è calato a 180 punti base dalla punta di 220 toccata a dicembre. È un risultato ancora più importante perché la discesa è avvenuta nonostante la gravissima crisi bancaria internazionale: il crack dell’americana Silicon Valley Bank ha causato prima la caduta del Credit Suisse e poi il crollo della Deutsche Bank.
La svolta europeista di Meloni passa dai buoni rapporti con Ursula von der Leyen, dopo le prime frizioni per la natura post fascista di Fratelli d’Italia. La presidente del Consiglio ha avuto cordiali colloqui a Palazzo Chigi con la presidente della commissione europea e successivamente a Bruxelles. Ursula von der Leyen l’abbraccia. Assicura: sui migranti occorre un’azione comune dell’Unione Europea. Le ondate di migranti attraverso il Mediterraneo sono proprio la prima preoccupazione di Giorgia Meloni. Fa passare a Bruxelles anche le rassicurazioni dell’Italia sulla realizzazione dei progetti legati ai finanziamenti europei per il Pnrr (Piano nazionale di ripresa e di resilienza). La Bce, infine, sembra avere un occhio di riguardo nel trattamento dei titoli del debito pubblico italiano (Btp e Bot da sottoscrivere o da rimettere sul mercato).
Non riesce, però, a far passare la proposta italiana sui biocarburanti per le auto da utilizzare insieme all’elettrico mentre la Germania sembra spuntarla sui combustibili sintetici. In più resta irrisolto il nodo del Mes (Meccanismo europeo di stabilità) contestato dalla presidente del Consiglio.
La svolta europeista di Meloni passa anche per la tregua siglata con Emmanuel Macron, dopo i pesantissimi scontri dei mesi passati. La presidente del Consiglio ha rasserenato il clima in un lungo faccia a faccia notturno con il presidente della Repubblica Francese, avvenuto dopo il consiglio europeo. Gli interessi comuni tra Italia e Francia (soprattutto nella difesa e nell’industria manifatturiera) fanno premio sui forti contrasti precedenti. Il presidente francese esce soddisfatto dalla discussione «molto buona» e ora «possiamo agire insieme» su molti temi. La presidente del Consiglio è «soddisfatta» perché «c’è voglia di collaborare».
Giorgia Meloni, in particolare, ha a cuore il grave problema dei migranti (connesso alla stabilizzazione politica della Tunisia) e della revisione del Piano di stabilità per l’euro (per ora ancora sospeso), questioni anche sul tavolo del presidente francese. Macron, in forte difficoltà per le proteste popolari contro la riforma delle pensioni, ha a cuore anche il disco verde europeo al nucleare francese come energia pulita.
Giorgia Meloni punta a cancellare il passato sovranista e populista di Fratelli d’Italia con una decisa sterzata europeista. Una analoga operazione, in chiave atlantista, la sta realizzando verso gli Stati Uniti. Non a caso è tra i più decisi sostenitori occidentali dell’aiuto all’Ucraina contro l’aggressione russa anche con l’invio di armi. È anche andata a Kiev da Volodymyr Zelensky per rafforzare la sua scelta. È una posizione molto apprezzata da Joe Biden.