Anche il Portogallo, come l’Italia, celebra la sua liberazione dalla dittatura fascista il 25 Aprile. Diverso è solo l’anno: 25 Aprile 1974, la storica data della “rivoluzione dei garofani” che liberò il Paese dal salazarismo.
Ma il quarantanovesimo compleanno della giovane democrazia portoghese viene festeggiato tra le polemiche. A suscitarle è la visita del presidente brasiliano Ignazio Lula e la sua presenza in Parlamento per un discorso all’Assemblea della Repubblica proprio in occasione del “Dia da Libertade”.
L’onore riservato a Lula, primo capo di Stato estero a tenere un discorso per questa ricorrenza, è stato contestato fin dall’inizio, ossia dallo scorso febbraio, quando il presidente della repubblica Marcelo Rebelo de Sousa aveva invitato il “collega” Lula che aveva appena vinto le elezioni brasiliane contro la destra sovranista incarnata da Bolsonaro.
I partititi della destra portoghese hanno subito giudicato «inopportuno» l’invito di Marcelo, perché «Lula non è un campione della democrazia liberale» ma un «politico di sinistra» con due precedenti mandati a Brasilia e alle spalle accuse di «abuso di potere» e «corruzione» che lo hanno portato in carcere. Una macchia che l’annullamento della condanna da parte della Corte Suprema non avrebbe cancellato.
A gettare altra benzina sul fuoco delle polemiche per l’invito fatto da Marcelo al presidente brasiliano, sono poi arrivate le parole sulla guerra in Ucraina fatte da Lula proprio alla vigilia della partenza per il Portogallo. Con una dichiarazione in cui ha criticato Stati Uniti e Unione Europea che «dovrebbero cominciare a parlare di pace in Ucraina, invece di contribuire al conflitto». Apriti cielo! Dalla destra politica portoghese si è alzato un coro contro il presidente brasiliano, accusato di essersi schierato «a fianco di Putin» e contro l’appoggio all’Ucraina da parte degli Usa e di quell’Unione Europea di cui fa parte anche il Portogallo…
Da qui una crescente pressione sul capo dello Stato portoghese e sul governo socialista guidato da Costa per una presa di distanza da Lula. La risposta è arrivata poco dopo dallo stesso Marcelo che prima ha ribadito l’amicizia e gli antichi legami con un paese «fratello come il Brasile» e poi ha assicurato di non essere «pentito» dell’invito a Lula. Anche perché, ha concluso sdrammatizzando: «Brasile e Portogallo sono due Stati sovrani, quindi la politica estera dell’uno non deve coincidere necessariamente con quella dell’altro…».