I conti con il fascismo sembravano un problema risolto. Ma l’antifascismo resta un problema. Giorgia Meloni più volte ha rotto ogni collegamento politico e culturale con il fascismo per costruire una destra democratica.
Fa partire critiche e sanzioni quando spuntano in Fratelli d’Italia dichiarazioni o comportamenti legati alla dittatura di Benito Mussolini. La presidente del Consiglio li bolla come una «sgrammaticatura istituzionale». Ne sanno qualcosa il presidente del Senato La Russa e il ministro dell’Agricoltura Lollobrigida scivolati in spericolate prese di posizione.
Le risse grandi e piccole sull’antifascismo, proprio nella ricorrenza del 25 aprile, la festa della Liberazione, non fanno piacere alla presidente del Consiglio. Non gli fanno piacere nemmeno le risse interne sulle difficili scelte del governo. Difatti Fratelli d’Italia negli ultimi sondaggi elettorali cala mentre la Meloni e il suo governo vedono crescere i consensi. Così la presidente del Consiglio invita a lavorare e a farla finita con gli scontri interni. «Mi raccomando: autocontrollo, autocontrollo, autocontrollo», sembra che dica agli uomini del suo partito.
Giorgia Meloni ha di fronte un importante problema: l’identità politica di Fratelli d’Italia. Per risolvere il dilemma non deve solo lavorare alla costruzione di una forza di destra democratica, deve andare oltre. Gianfranco Fini la spinge a trasformare Fratelli d’Italia in un partito antifascista. L’ultimo segretario del Msi e fondatore di An sollecita la presidente di Fratelli d’Italia a dire che «libertà, uguaglianza sono valori democratici» della Costituzione e «sono valori antifascisti. Non capisco la ritrosia a pronunciare questo aggettivo». Anzi «lo capisco ma non lo giustifico».
Fini sciolse il Msi, forza neofascista. Fondò An e dichiarò il fascismo il “male assoluto”. Lanciò Futuro e Libertà, in molti non lo seguirono: il suo nuovo partito liberale fu un flop. Fratelli d’Italia resta legato in parte ai miti del Msi degli anni ’70. Attraversa una strana ambiguità: vive una sorta di revisionismo afascista. L’appello di Fini ad abbracciare l’antifascismo trova fortissime resistenze. Da Fratelli d’Italia si levano decisi no, anche poco cortesi. È un problema con il quale deve fare i conti la Meloni. La presidente del Consiglio nel commemorare il 25 aprile esalta la democrazia, la libertà, ribadisce ogni «incompatibilità con qualsiasi nostalgia del fascismo». Tuttavia lascia cadere l’appello di Fini ad assumere i valori dell’antifascismo.
La svolta non c’è. Finchè il partito era una piccola forza d’opposizione con il 3% dei voti l’ambiguità serviva a conservare molti elettori nostalgici del Ventennio. Ma Fratelli d’Italia dopo le elezioni politiche dello scorso 25 settembre è diventato il primo partito italiano e il baricentro del governo, i suoi elettori in larghissima maggioranza certamente non sono fascisti. Senza una svolta sotto l’insegna dell’antifascismo Meloni rischia di tornare al punto di partenza.