Sul tavolo alla fine arriva la mediazione cinese per l’Ucraina. Xi Jinping mercoledì 26 aprile ha preso il telefono e ha avuto una lunga conversazione con Volodymyr Zelensky. È la prima volta che accade. Il presidente della Repubblica popolare cinese dal 24 febbraio 2022, giorno dell’invasione russa dell’Ucraina, aveva incontrato più volte di persona Vladimir Putin ma aveva sempre evitato di avere un colloquio diretto con Zelensky.
La telefonata del 26 aprile è il primo contatto personale avuto con il presidente ucraino, che pure sollecitava da tempo un colloquio diretto ad aprire dei negoziati di pace. Xi Jinping ha ricordato il piano cinese di pace in 12 punti per poi aggiungere: sono queste le proposte per «avviare colloqui, ristabilire e preservare la pace, i confini riconosciuti e la sovranità di ogni Paese». Pechino invierà un rappresentante speciale a Kiev per colloqui con l’obiettivo di risolvere la crisi.
Il «buon vecchio amico» Putin probabilmente non ha battuto le mani per due motivi. Uno di forma: il riconoscimento del ruolo politico dato a Zelensky che non ha capitolato sotto l’aggressione della superpotenza russa. Il secondo motivo è di contenuto: il richiamo al rispetto dei «confini riconosciuti e la sovranità di ogni Paese».
Il presidente russo ha occupato e annesso tramite dei referendum svolti sotto la minaccia dei fucili quattro regioni orientali e meridionali dell’Ucraina, regioni che adesso considera territorio nazionale. Stesso discorso vale per la Crimea controllata dal 2014 da Mosca.
La Cina ha una alleanza strategica con la Federazione Russa, ha sottoscritto un accordo di “collaborazione illimitata” ma le regole, di fatto, le detta Pechino, potenza egemone. Fin dall’inizio in qualche modo si è smarcata da un appoggio totale a Putin. Il Dragone è la superpotenza in ascesa, è il secondo gigante economico del mondo subito dopo gli Stati Uniti infastidito perché la guerra in Ucraina ha danneggiato e danneggia i suoi affari. Non a caso non fornisce armi offensive allo “zar” in affanno nel piegare la resistenza di Kiev.
Xi Jinping, pressato da Spagna, Ue e Francia per avviare un negoziato, si muove con cautela. Vuole scongiurare con ogni sforzo i rischi di una escalation militare con il pericolo di una guerra atomica di tanto in tanto minacciata dal Cremlino. Dice: «Uno scontro tra grandi potenze va evitato». Cerca una sponda anche in Joe Biden, deciso sostenitore dell’Ucraina assieme agli alleati occidentali, per arrivare a una soluzione politica.
Finora il presidente americano si è mobilitato soprattutto in un colossale impegno militare e finanziario per sostenere Kiev. I tentativi per avviare delle trattative finora sono tutti falliti. Ci hanno provato Papa Francesco e il presidente turco Erdogan, ma i loro sforzi sono stati vani.
Ora in campo c’è la mediazione cinese per l’Ucraina. Punta a un cessate il fuoco. Ma il problema è come realizzarlo. Pechino non entra nei dettagli di un possibile compromesso. Non parla di aggressione russa e del ritiro delle truppe di Mosca come chiede Kiev. Non sarà una impresa facile. Ci sarà moltissimo da lavorare per cercare di arrivare a un negoziato. L’esito non è scontato. Nel frattempo l’Ucraina sta preparando la controffensiva di primavera per ricacciare i russi dai territori occupati.