Non è più conduttore, ma “ospite” Michele Santoro, ma la verve e i panni del Masaniello sono gli stessi. Ora si esibisce come alfiere di una pace che ha i toni della resa condizionata, sembra di essere tornati ai tempi del “Meglio rossi che morti” (terribile slogan, a ben vedere: peggio dell’essere “rossi” c’è solo la morte).
L’ultima trovata e proposta santoriana, ritenuta poca cosa: comizi televisivi e raduni in piazza, è una “staffetta”. Se ben si comprende, una lunghissima catena umana che parte dalla Valle d’Aosta (da intendere come estremo nord del Paese) e si conclude a Lampedusa: che non solo è l’estremo sud, ma è anche luogo significativo in quanto uno dei principali approdi di chi viene in Occidente per sfuggire a fame, guerra, miseria, morte.
Non è solo invocazione di pace o di contrarietà alla guerra; si chiede in concreto che l’Italia cessi di rifornire di armi l’Ucraina aggredita dalla Russia.
Certamente non è grazie alle armi italiane che l’Ucraina riesce a far fronte e reagisce con efficacia alla guerra scatenata da Vladimir Putin e la sua corte; la richiesta di sospensione ha una valenza politica, e di denso significato politico sarebbe accoglierla, renderla di pratica attuazione. Segno e significato di un cedimento la cui gravità e conseguenze non c’è neppure bisogno di spiegare, talmente sono solari. Altro che le baruffe con Parigi sugli immigranti per parole di un ministro d’oltralpe che non sa tenere a freno la lingua.
Non è la sola iniziativa, per questa “pace” che in buona sostanza si traduce, come effetto concreto, nell’abbandonare l’Ucraina al suo destino (e il caso della Cecenia, della Georgia, della Crimea dovrebbero insegnare quale potrebbe essere, se le indicazioni santoriane venissero accolte).
Si intendono raccogliere firme per un referendum abrogativo; e ci si è lasciati alle spalle il Primo Maggio e il suo concerto a piazza San Giovanni a Roma. In quel palco non è accaduto, come al concerto del 1 luglio 2022, di sentire il grido di Damiano David dei Maneskin con il suo stentoreo “Fuck Putin!”. Si è ascoltato il fisico Carlo Rovelli, e il suo monologo il cui contenuto è del tutto simile a quelli di Santoro o del professor Ugo Mattei quando vengono ospitati in TV; neppure sfiorati dal pensiero che loro sono liberi di esprimersi come credono e sanno, e al massimo li si critica; mentre nessun russo è libero di esprimere il suo dissenso nella piazza Rossa di Mosca senza finire in qualche gulag siberiano.
Sicuramente la maggior parte di quanti plaudono al dire e al fare di Santoro e condividono gli aneliti alla pace di Rovelli e Mattei sono animati da buoni propositi e intenzioni; ma è altrettanto vero quello che Francesco di Sales, nelle sue Lettere spirituali ricorda: «Non vi turbate per il detto di San Bernardo che l’inferno è pieno di buone intenzioni e proponimenti». Ammonimento che dovrebbe far riflettere laici e credenti.
Così autorevolmente e santamente confortati, si preferisce non rischiare di contribuire a lastricare infernali vie di comunicazione; per cui si starà ben chiusi in casa. Per quello che riguarda la guerra in Ucraina Liliana Segre a “L’aria che tira” su La 7 ha detto: «Sarei falsa se dovessi dichiarare che non sto con l’Ucraina: se i russi sono gli invasori vanno mandati indietro. Io mi ricordo il discorso di quando l’invasore è chiamato invasore: non è chiamato ‘un altro con cui trattare’. È quello che entra nella tua terra e bombarda le tue case, uccide giovani, vecchi e bambini. Sarei falsa se dovessi dichiarare che io non sto con l’Ucraina pur avendo un grande amore per la musica e i romanzi russi, che ho letto da ragazzina e che non ho mai dimenticato. Se i russi sono gli invasori, vanno rimandati indietro». Chiaro. Semplice. Definitivo.