A luglio 2022 la precedente giunta regionale del Lazio ha varato un Piano straordinario per abbattere le liste di attesa sia della specialistica che dei ricoveri. Il 5 maggio 2023 la nuova giunta avvia un piano analogo a partire da un “Progetto sperimentale gestione sovraffollamento dei Pronto soccorso”.
Partendo cioè dai ricoveri da pronto soccorso e quindi dai ricoveri per emergenza. Ambedue le scelte fuori da una logica di programmazione e con un approccio preferenziale a risolvere le difficoltà del SSR ricorrendo ancora una volta al privato accreditato.
La giunta Zingaretti aveva deliberato un impegno straordinario di 47.970.518 euro a favore delle aziende sanitarie e ospedaliere della Regione Lazio per recuperare gli interventi chirurgici, i ricoveri ospedalieri, le prestazioni specialistiche ambulatoriali e di screening che si erano accumulate durante il periodo della pandemia da Covid.
Il presidente Rocca dovrebbe dare un resoconto degli obiettivi di recupero di 15.725 interventi chirurgici finanziariamente sostenuti da 9.946.964,11 euro per il recupero di 430.662 screening oncologici finanziati da 2.635.408,32 euro dalla giunta precedente. I direttori generali delle Aziende Ospedaliere hanno raggiunto gli obiettivi loro affidati atteso che tutti sono rientrati a fine 2022 nelle condizioni previste in tema di premialità? Quanti cittadini hanno rinunziato ai ricoveri sospesi rivolgendosi ai privati a pagamento?
I cittadini tenuto conto che le liste di attesa, in specie per la specialistica non vengono garantite come sancito da normativa regionale, si rivolgono, motivati dall’urgenza, ai Pronto soccorso contribuendo, aldilà della loro volontà, al corto circuito degli accessi in ospedale. Il fatto che tra visita medica e dimissioni presso un reparto per acuti, passino 22 ore, contro una media nazionale di nove ore e mezzo e contro le otto ore raccomandate dalle linee guida è sicuramente una condizione sufficiente per intervenire.
Il presidente Rocca sottolinea che la soluzione emersa arriva a seguito di un confronto con i direttori sanitari e dei pronto soccorso. Una soluzione che non affronta ora i nodi interni e che si affida alla scorciatoia deresponsabilizzante della committenza esterna. I pazienti che stazionano nei pronto soccorso che non trovano posto per essere ricoverati nei reparti di medicina e chirurgia potranno essere dirottati nelle strutture private.
La Regione Lazio, come da prassi consolidata, rinvia a momenti futuri imprecisati un intervento strutturale. La Regione parlando di “primo step di una riorganizzazione generale della sanità laziale”, formalizza con il pacchetto di delibere approvato (“investimento immediato e straordinario”), con un costo di circa 22 milioni e 900mila euro, un accordo con le strutture private accreditate che avranno contrattualizzati oltre 350 posti letto che si aggiungeranno a quelli già accreditati.
La Regione sembrerebbe anche voler proseguire ad accreditare fino ad una previsione di 730 posti letto.
Questo primo avvio dell’azione del presidente della giunta del Lazio, che non ha delegato le funzioni sanitarie ad un assessore, merita alcune riflessioni.
La prima è che l’accentramento personale delle decisioni sull’attuazione delle funzioni sanitarie regionali anche dal punto di vista pratico-operativo non è garanzia di maggiore efficacia.
La seconda è che, dopo l’Azienda sanità punto zero che ha sottratto significative competenze alle ASL e alle AO e duplicato quelle di alcune direzioni regionali, il fatto che tutte le assunzioni del personale, con decisione recente, devono passare dalla Regione stessa, è un aspetto di una sorta di commissariamento di fatto degli enti sanitari regionali.
È questa una cosa sulla quale le opposizioni dovrebbero far sentire di più la loro voce perché la relazione istituzionale che la legge definisce fra i diversi soggetti del SSR non può oltre una certa misura essere alterata. Nel caso del personale esistono tutti gli strumenti per valutare la coerenza della iniziativa delle Aziende sanitarie con il Piano di fabbisogno approvato dalla Regione, con i vincoli economico-finanziari, con gli atti di pianificazione e di programmazione laddove assunti e rispettati a livello regionale.
La decisione di sostituirsi alle ASL non risolve le criticità delle stesse sulle quali non si è intervenuto in modo risolutivo nel recente passato e lascerà la rete degli enti sanitari delegittimati ma non sanati rispetto a inefficienze e ritardi. Una condizione che nella percezione dei cittadini non migliorerà il giudizio e favorirà la ricerca di soluzioni private fai da te.
La comunicazione istituzionale della Regione da a intendere che l’atto di riorganizzazione delle assunzioni è un primo passo per incidere sull’andamento della gestione delle cure nell’intero Servizio sanitario regionale. In quale direzione per ora non è dato prevedere.
Ed è motivo di preoccupazione una linea politica che dal governo attuale, alla commissione sociale del Senato, alle Regioni punti ad una sanità da cambiare, fondata su due pilastri uno pubblico e l’altro privato anziché sul SSN. Il rapporto pubblico-privato costituisce uno dei fattori di crisi più importanti del nostro SSN ma non è il solo.
Di certo anche nel Lazio nella sua componente di governo politico e nella sua componente di gestione tecnico-manageriale la gestione ha fatto perdere di ruolo al Servizio pubblico sostituito dove e quando in difficoltà con il ricorso al privato.
La conclamazione dei principi e del ruolo del Servizio sanitario pubblico andrebbero sempre accompagnati dalla garanzia dell’erogazione dei LEA, dell’accesso in equità per tutti e a tutti i livelli attraverso le strutture e i servizi a gestione diretta.
Il piano regionale riduzione liste di attesa nell’indicare alle ASL le modalità per la riduzione ricorda che “prioritariamente” vanno usate le leve interne, l’adeguamento e miglioramento dei fattori interni che possono far recuperare al diritto all’accesso alle prestazioni una dimensione che non sia quella attuale, patologica.
Dobbiamo preoccuparci di intervenire come pubblico sul pubblico. Come ricordato recentemente da Claudio Maria Maffei su Quotidiano sanità: «…ad esempio attraverso la programmazione e regolamentazione dei servizi ospedalieri e territoriali pubblici, la politica del personale, la gestione dei programmi di edilizia sanitaria e di adeguamento tecnologico, la formazione e la scelta della classe dirigente, il monitoraggio delle Regioni e delle Aziende, la definizione degli accordi contrattuali del personale dipendente, la definizione degli accordi contrattuali con il personale convenzionato e tanto altro ancora. Tutti i principali processi che fanno funzionare il SSN dipendono da questo che io chiamo rapporto pubblico-pubblico».
Rino Giuliani dipartimento Welfare dello SPI CGIL di Roma e del Lazio