Entro poche settimane Ita sarà controllata e gestita esclusivamente dagli uomini del colosso aereo tedesco Lufthansa, ma questo non significa che smetterà di creare problemi all’Italia.
La trattativa dei rappresentanti di Francoforte con il nostro ministero dell’Economia, proprietario del 100 per cento della nostra compagnia di bandiera, è durata 6 mesi. Il doppio del previsto. E questo già lascia intravedere l’esistenza di intoppi, problemi legali e nodi che in parte sono ancora da sciogliere, nonostante la firma del contratto tra le parti.
Il 25 maggio scorso l’accordo è stato chiuso con un aumento di capitale da 325 milioni, con cui Lufthansa avrà il 41% delle azioni. Ma potrà comandare da subito senza chiedere conto al Mef, nonostante questo rimanga inizialmente in maggioranza con il 59%. Siamo di fronte a un caso pressoché unico di azionista di minoranza che comanda indisturbato. Una situazione anomala prevista per i primi due anni, cioè fino a quando la compagnia italiana andrà in utile, e Lufthansa potrà salire al 100 per cento e raggiungere la maggioranza assoluta acquistando tutte le azioni ancora nelle mani del Mef. Ma il governo italiano nel frattempo dovrà mettere nelle casse di Ita gli ultimi 250 milioni di euro del fondo statale per tenere in piedi la piccola e costosa compagnia che ha sostituito Alitalia continuando a bruciare più di un milione di euro al giorno.
Vista la situazione, il colosso tedesco – un network con oltre 100 milioni di passeggeri l’anno, 110 mila dipendenti e 33 miliardi di ricavi – ha avuto gioco facile nell’imporre tutte le sue condizioni. Dal prezzo a valore di saldo alla governance tutta tedesca, fino al grande nodo delle cause di lavoro di un migliaio di ex dipendenti Alitalia che chiedono il reintegro alla magistratura. Con Lufthansa che ha detto fin dall’inizio di non volersi far carico del pagamento di un reintegro che potrebbe costare a Ita una trentina di milioni.
Ma, visto che la trattativa si è sbloccata dopo un faccia a faccia tra Giorgia Meloni e il cancelliere Scholz, e subito dopo è arrivata la firma del contratto di nozze, è evidente che il governo italiano dovrebbe aver garantito almeno una copertura parziale degli eventuali costi di reintegro dei piloti Alitalia.
L’altra incognita è il cosiddetto “opting-out”, ossia la possibilità per Lufthansa di uscire da Ita se fra due anni la compagnia non tornerà in attivo. Questa clausola è prevista o no dal contratto? Non si sa, ma è probabile, visti i conti di Ita, che nel 2022 ha perduto 486 milioni di euro, cioè un milione e trecentomila euro al giorno. Più o meno come la vecchia Alitalia fallita, ma con un quarto del personale e una flotta ridotta di due terzi.