Come prima, più di prima. Al potere da otto mesi, governo Meloni e maggioranza sono riusciti ad occupare quasi tutti gli spazi riservati dai telegiornali Rai alla politica.
Con punte che, secondo gli ultimi dati dell’Osservatorio di Pavia, hanno toccato il picco record del 70 per cento. Certo, la lottizzazione del servizio pubblico radiotelevisivo non è prerogativa esclusiva della destra.
Finita venti anni fa la prassi della tripartizione (Rai 1 filogovernativa, Rai 2 in quota centrodestra e Rai 3 alla sinistra postcomunista) adesso vige lo spoil system. Fu il governo Berlusconi che nel 2004 impose la riforma Gasparri affidando al Parlamento, e quindi alla maggioranza, l’elezione dei nove consiglieri. A partire da quel momento ad ogni cambio di governo, a Via Teulada va in onda il cambio della guardia: via i vecchi direttori di testata e dentro i nuovi graditi a chi comanda nei Palazzi della politica. Analoga sorte tocca spesso anche a molti conduttori e dirigenti Rai.
Da qui le lamentele, le accuse e le proteste dell’opposizione con l’ormai tradizionale: “Fuori i partiti dalla Rai”. Polemica in cui però si sono distinti anche grandi lottizzatori di sinistra come Walter Veltroni, vice di Prodi a Palazzo Chigi ai tempi dell’Ulivo e poi fondatore e segretario dem.
Ma una volta chiarito che la prassi dell’influenza governativa sulla Rai non è una novità e che all’incirca da un quarto di secolo tutti i partiti di sinistra arrivati al governo hanno messo le mani sui vertici Rai, bisogna anche aggiungere che oggi, nell’anno di grazia 2023 siamo oltre lo spoil system.
La normalizzazione governativa di questo governo assomiglia infatti a un’occupazione militare. Una presa di potere così ostentata non si era mai vista. Il risultato è la presenza record della nostra premier segnalata dall’Osservatorio di Pavia, che da anni monitora la presenza catodica dei leader di partito. Giorgia Meloni con i suoi 45 minuti di presenza audio-video nei Tg sovrasta tutti gli ultimi premier: Conte 1, Conte 2 e perfino Mario Draghi che, al suo debutto sfiorò il 40 per cento, ma solo perché trainato dall’invasione russa dell’Ucraina e dallo scoppio della guerra tra Mosca e Kiev; infatti un mese dopo era già sceso al 31 per cento, media che manterrà fino al termine del mandato.
Giorgia Meloni è impegnata nella quotidiana auto rappresentazione sui “successi” del suo governo, con una comunicazione che enfatizza la politica interna ed estera dell’esecutivo.
Ma la presidente del Consiglio non si accontenta della copertura Rai e della complicità della maggioranza dei media nazionali. Fa anche grande uso di videomessaggi autoprodotti e cerca di evitare più che può le conferenze stampa, dove può sempre capitare un giornalista che pone una domanda imbarazzante aprendo una falla nella narrativa di Palazzo Chigi. Da qui alla messa in scena di una grottesca “conferenza stampa” senza giornalisti e perciò senza domande come è successo il 6 giugno al termine del bilaterale con il presidente tunisino Saied.
Scena completamente capovolta tre giorni dopo con l’intervistona concessa a Bruno Vespa. Nemmeno nel teatrino di Porta a Porta, lo storico salotto televisivo del conduttore Rai, ma ospite nella tenuta Li Reni, la masseria pugliese del giornalista, dove la premier è stata ospite d’onore con il compagno e la figlia. Dopo una cena a base di pesce accompagnato da vino bianco prodotto nella tenuta Vespa, Giorgia Meloni e i suoi cari hanno trascorso la notte in una delle suites di cui è dotata la Masseria della famiglia Vespa…