La storia di un Paese ha come interpreti principali gli uomini e le donne, alcuni/e sono destinati/e a ruoli secondari, altri/e per capacità, volontà, intelligenza percorrono il loro cammino lasciando segni profondi e incancellabili, quindi, senza voler entrare nel merito tutto filosofico e scientifico sul senso della vita per tutti gli esseri umani, in queste poche righe, approfittando dell’anniversario della morte di Enrico Berlinguer (11 giugno 1984), preferiamo concentrarci sul ruolo che il segretario del Pci ha avuto nel corso di quegli anni che ha attraversato, senza dubbio, tra gli interpreti principali.
Le polemiche di questi giorni sull’utilizzo della sua immagine, a nostro avviso e senza voler dare valutazioni di merito né in un senso, né nell’altro, appartengono a due filoni concreti: da una parte il diritto legittimo della famiglia di voler salvaguardare l’immagine di Enrico Berlinguer da utilizzi strumentali e dall’altro la considerazione che l’immagine e la storia del segretario del Pci appartiene alla storia ed è quindi molto difficile dargli dei copyright. Come spesso avviene la verità sta nel buonsenso e nell’onestà intellettuale.
Detto questo non c’è ombra di dubbio sul fatto che Enrico Berlinguer abbia attraversato la storia del Paese da grande interprete, con l’indubbia capacità di disegnare un futuro possibile per l’Italia e per il Pci, con una lungimiranza che, purtroppo, non appartiene più alla politica dei nostri giorni.
Le polemiche con Bettino Craxi, il feeling con Aldo Moro, il dinamismo internazionale e gli incontri con i leader di sinistra di mezzo mondo alla ricerca di una possibile terza via tra la socialdemocrazia e i regimi dei Paesi dell’Est, la rottura con Mosca e i dissidi con Breznev dopo la dichiarazione della legge marziale in Polonia per bloccare Solidarnosc, l’incidente automobilistico in Bulgaria nel quale rimase ferito e nel quale non pochi hanno voluto ipotizzare la mano del Kgb, la contrarietà all’installazione dei missili Cruise in Italia, la questione morale… infine la certezza che il modello sovietico non fosse assolutamente esportabile in Italia e in Europa.
Fu una posizione espressa chiaramente alla Conferenza Internazionale dei partiti comunisti: «Noi respingiamo il concetto che possa esservi un modello di società socialista unico e valido per tutte le situazioni. In verità le stesse leggi generali di sviluppo della società non esistono mai allo stato puro, ma sempre e solo in realtà particolari, storicamente determinate e irripetibili. Contrapporre questi due aspetti è schematico e scolastico e significa negare la sostanza stessa del marxismo».
Considerazioni dalle quali prende forma l’idea del compromesso storico con la sponda di Aldo Moro, per evitare derive sudamericane (il golpe in Cile), un’idea espressa chiaramente in un articolo per Rinascita: «Sarebbe del tutto illusorio pensare che, anche se i partiti e le forze di sinistra riuscissero a raggiungere il 51 per cento dei voti e della rappresentanza parlamentare…, questo fatto garantirebbe la sopravvivenza e l’opera di un governo che fosse l’espressione di tale 51 per cento. Ecco perché noi parliamo non di una “alternativa di sinistra” ma di una “alternativa democratica”, e cioè della prospettiva politica di una collaborazione e di una intesa delle forze popolari d’ispirazione comunista e socialista con le forze popolari di ispirazione cattolica, oltre che con formazioni di altro orientamento democratico…. La gravità dei problemi del paese, le minacce sempre incombenti di avventure reazionarie e la necessità di aprire finalmente alla nazione una sicura via di sviluppo economico, di rinnovamento sociale e di progresso democratico rendono sempre più urgente e maturo che si giunga a quello che può essere definito il nuovo grande “compromesso storico” tra le forze che raccolgono e rappresentano la grande maggioranza del popolo italiano».
Da non dimenticare neanche le parole sulla questione morale… un tema oggi fuori moda: «I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela… I partiti hanno occupato lo Stato e tutte le sue istituzioni, a partire dal governo. Hanno occupato gli enti locali, gli enti di previdenza, le banche, le aziende pubbliche, gli istituti culturali, gli ospedali, le università, la Rai tv, alcuni grandi giornali… E il risultato è drammatico».
Molto altro ci sarebbe da scrivere, molte e tante altre le riflessioni sulla figura di Enrico Berlinguer, ma questo è compito degli storici. A noi preme soltanto ricordare la lungimiranza di un politico che ha saputo interpretare il suo ruolo e il suo tempo e le cui idee e intuizioni restano ancora vive e attuali.