Giorgia Meloni moderata in Europa, decisionista in Italia. La presidente del Consiglio ha una doppia linea: moderata e dialogante con l’Europa, intransigente con le opposizioni in Italia.
Nei primi di giugno ha avuto un nuovo incontro con Olaf Scholz dopo quello di febbraio a Berlino. Prima e dopo il colloquio con il cancelliere tedesco a Palazzo Chigi si sono moltiplicate le strette di mano e i sorrisi. Dichiara grande soddisfazione per «una dinamica particolarmente intensa dei rapporti» tra Italia e Germania. Scholz raccoglie la palla: l’Italia è «un partner importante e amico affidabile». Giorgia Meloni e Olaf Scholz guidano governi con identità politiche distanti (la prima dirige un esecutivo di destra-centro, il secondo di sinistra-centro) e devono affrontare temi ostici come i migranti e la revisione del Patto di stabilità per l’euro. Ma le distanze su molti problemi si sono ridotte e l’obiettivo è di firmare a novembre il Piano di azione italo-tedesco, un accordo bilaterale tra i due paesi.
Meloni moderata in Europa. Grande sintonia c’è con Ursula von der Leyen. Ha incontrato più volte la presidente della commissione europea: in Moldavia per dare il pieno sostegno all’Ucraina aggredita dalla Russia, a Bruxelles, a Roma.
Ursula von der Leyen a maggio ha anche accompagnato la presidente del Consiglio in una visita nella Romagna alluvionata. Ha assicurato la solidarietà e l’aiuto della Ue nella ricostruzione delle aree devastate dalle inondazioni: «L’Europa è con voi». A giugno ha accompagnato Giorgia Meloni in una missione a Tunisi. Ha concordato pienamente nel sostenere finanziariamente la Tunisia in crisi e nel contenere l’arrivo di migranti in Italia: «È nostro comune interesse rafforzare le relazioni e investire nella stabilità e nella prosperità» della Tunisia. Meloni incassa due dividendi: consegue un prezioso aiuto per ottenere fondi europei, compresi quelli del Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) che faticano ad arrivare; aumenta la credibilità politica del suo governo di destra-centro all’inizio guardato con sospetto da Bruxelles per la sua affidabilità democratica.
La marcia di riavvicinamento verso la Francia procede, anche se tra zig e zag. Giorgia Meloni, sempre a giugno, è volata a Parigi per cercare di sanare dirompenti contrasti scoppiati a più riprese con Emmanuel Macron. I rapporti si sono rasserenati. Il presidente della Repubblica Francese ha esaltato «i legami» con l’Italia.
Il marchio post fascista sul governo Meloni, molto forte alla nascita dell’esecutivo in autunno, tende a stemperare. La rottura della presidente di Fratelli d’Italia di ogni legame con l’eredità del fascismo è stata apprezzata dai governi delle democrazie europee. Molto apprezzata è stata anche la svolta europeista e quella atlantista imposte dalla Meloni (seguendo la rotta di Mario Draghi) al governo e a Fratelli d’Italia, il suo partito post fascista.
Meloni moderata in Europa ma combattiva. Al consiglio europeo di fine giugno ha ottenuto ben poco per i decisi no di Ungheria e Polonia, gli antichi alleati sovranisti di destra. Così ha rinviato l’approvazione dell’Italia del Mes (Meccanismo europeo di stabilità) collocandolo in un “pacchetto complessivo” di trattativa futura per spuntare la riforma del Patto di stabilità per l’euro e uno scudo Ue per contenere i migranti. A Giorgia Meloni serve il sostegno di Ursula von der Leyen. Vuole arrivare al voto di giugno 2024 per l’Europarlamento con una economia italiana in buono stato, con i conti pubblici sostenibili, in sintonia con la commissione europea e con le grandi democrazie occidentali (in particolare con la Germania, il Regno Unito e gli Stati Uniti). Non a caso ha rallentato i rapporti con l’Ungheria e la Polonia, i due paesi sovranisti dell’Est retti da governi con tratti illiberali.
La situazione è in movimento. Le previsioni danno una sconfitta delle sinistre e una vittoria dei moderati e delle destre. Però Ursula von der Leyen, tedesca, divenuta presidente della commissione europea grazie a una maggioranza basata su Ppe (Partito popolare europeo) e Pse (Partito socialista europeo) potrebbe ugualmente restare in sella. Se ci fosse una vittoria, come da pronostici, del Ppe e del Partito dei conservatori e riformisti europei (in sigla Ecr) potrebbe farcela. Giorgia Meloni, in buoni rapporti con lei, è presidente sia di Ecr e sia di Fratelli d’Italia.