Sommersa dai rifiuti anche quest’estate, Roma offre ai tanti, troppi turisti che affollano le sue strade e attraversano le sue piazze, uno spettacolo indegno. Cassonetti che traboccano di rifiuti, marciapiedi trasformati in discariche a cielo aperto mentre il caldo scioglie l’umido trasformandolo in un composto semiliquido maleodorante e pericoloso per la salute.
Mancano i mezzi per la raccolta in strada, ammette il sindaco Roberto Gualtieri, che poi aggiunge candidamente: «La scoperta di diverse irregolarità nella manutenzione dei mezzi ha portato all’azzeramento del vertice dirigenziale e questo ha complicato le cose…».
Una spiegazione che viene incredibilmente da un dirigente Pd di lungo corso, uno che ha fatto il ministro dell’Economia e non è arrivato al vertice del Campidoglio proprio l’altro ieri, ma quasi due anni fa. Epoca in cui – tra l’altro – risultava già chiaro a qualsiasi romano che l’inefficiente municipalizzata dei rifiuti necessitava di una cura da cavallo, di una drastica ristrutturazione e di un piano affidato a manager all’altezza.
Ma il successore di Virginia Raggi, messo di fronte al maggior problema della capitale, appunto quello della “monnezza”, ha esordito con la più classica delle romanelle: una pulizia straordinaria per Natale e un premio ai netturbini che non si sarebbero assentati durante le feste. Poi per l’Ama non è cambiato niente o quasi: le solite mediazioni al ribasso, le lunghe trattative con i rappresentanti del personale, i mille appalti esterni e una soffocante ragnatela di piccoli e grandi interessi.
Invece di rivoltare la municipalizzata come un calzino, portandola – se necessario – al fallimento pilotato per ricostruire l’azienda da zero e renderla efficiente, il sindaco e l’assessore Sabrina Alfonsi hanno continuato a promettere, promettere, promettere. Aspettando Godot. Cioè in attesa della costruzione del famoso termovalorizzatore che dovrebbe entrare in funzione nel 2026, ma per il quale al momento non esiste nemmeno un progetto esecutivo, essendoci soltanto una proposta di Acea.
La realtà è che l’amministrazione capitolina targata Pd in quasi due anni di vita non ha mai provato veramente ad azzerare l’Ama. Eppure avrebbe potuto farlo senza grandi opposizioni utilizzando la serie di scandali grandi e piccoli emersi negli ultimi mesi. Dalla mancata manutenzione degli automezzi, che si traduce in un fermo del 50 per cento dei mezzi per la raccolta, ai contratti con alcune ditte esterne che hanno finito per rendere ancora più inefficiente l’azienda.
Il Campidoglio non ha trovato la forza e il coraggio di intervenire con la necessaria durezza nemmeno di fronte a un caso clamoroso come i furti di gasolio da parte di duemilasessantaquattro dipendenti infedeli (un terzo del totale), che hanno rubato duecentonovantaquattromila litri di carburante aziendale.
Il risultato è che da quando l’indimenticabile Virginia Raggi ha lasciato la guida della capitale sul fronte della “monnezza” non sembra cambiato nulla. Roma continua ad essere un letamaio passando da una crisi di raccolta all’altra. Emergenze ormai inframezzate dalle scuse del sindaco, che adesso promette una soluzione entro il Giubileo (forse).
Come ha detto, con il candore di sempre, in una recente intervista Rai a “Mezz’ora in più”: «Sono state scoperte irregolarità nella manutenzione dei mezzi Ama, spero che già con il Giubileo saranno evidenti i miglioramenti…». Intanto, in attesa dell’inizio dell’Anno Santo, e quindi del 2025, ci sono già i primi accenni di protesta da parte di cittadini che rovesciano cassonetti e bruciano i rifiuti sui marciapiedi. Certo Gualtieri non è Macron, ma il rischio è che Roma di questo passo possa finire in mano alla piazza come Parigi.