Dopo molti anni d’incuria è stata ripulita e valorizzata l’Area Sacra di Largo Argentina a Roma, in cui insistono i resti di quattro templi del periodo repubblicano, una pavimentazione in pietra e alcune testimonianze della Curia di Pompeo.
L’area, come annunciato da Zetema, è stata riaperta al pubblico con un nuovo percorso su passerella che per la prima volta consente di vedere i templi da vicino e due aree espositive, con i numerosi reperti rinvenuti durante le demolizioni e gli scavi. Questo è avvenuto il 20 giugno 2023, a conclusione di lavori finanziati dalla Maison Bulgari e condotti sotto la direzione scientifica della Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali.
L’Area insiste in una zona molto trafficata del centro-città, dove, anche a causa del frastuono e della confusione del via vai incessante di veicoli e passanti, può essere difficile rendersi conto fino in fondo della sua importanza. Questa rileva non tanto o non solo per gli elementi architettonici in vista, quanto soprattutto per il valore storico di un angolo di essa, che fu teatro di un celebre episodio: l’uccisione di Giulio Cesare.
Tutti sanno che Cesare fu triumviro, console, proconsole, e pontefice massimo, conquistò la Galizia (nord-ovest della Penisola Iberica) e poi la Gallia Indipendente (Francia continentale a nord della Loira, Belgio, Lussemburgo e Paesi Bassi), celebrò il trionfo più volte, fu dittatore a vita.
Il 15 marzo 44 avanti Cristo, quando aveva 56 o 57 anni ed era il dominatore assoluto del mondo romano, fu ucciso a pugnalate da un gruppo di congiurati che lo accusavano di volere farsi re e volevano difendere l’attuale assetto politico, chiamato “res publica”.
La res publica non era una repubblica, come l’assonanza dei termini può far credere, ma una forma di governo originale, in parte monarchica (consoli), in parte oligarchica (Senato) e in parte democratica (assemblee popolari).
L’omicidio di Cesare avvenne all’interno di un
complesso architettonico di spiccata monumentalità, che si trovava alle spalle dei templi B e C (i templi di Largo Argentina sono convenzionalmente indicati con le prime lettere dell’alfabeto) e comprendeva, oltre una sala di riunioni, anche un portico colonnato che correva attorno a un giardino alberato, un teatro avente in cima alla cavea un tempio di Venere Genitrice, una biblioteca, e diversi accessori.
Precisamente, avvenne durante una riunione del Senato che si teneva in un’aula di cui si conservano i resti del basamento in blocchi di tufo. In quell’aula si trovava una statua del costruttore del complesso: Gneo Pompeo Magno. Questi era stato console tre volte, proconsole, triumviro, aveva distrutto i pirati del Mediterraneo, aveva vinto la Guerra Sertoriana, aveva conquistato l’Oriente, aveva celebrato il trionfo.
Pompeo Magno era stato genero e amico di Cesare, ma, poi gli era divenuto nemico e si era scontrato con lui in epiche battaglie. La guerra civile fu vinta da Cesare. Pompeo, definitivamente sconfitto a Filippi in Grecia, fuggì in Egitto, dove fu ucciso a tradimento.
Sotto la gragnuola dei colpi dei suoi assassini — 23 pugnalate —, Cesare si aggrappò alla statua di Pompeo e crollò alla base di questa. Il suo corpo insanguinato giacque in quel punto prima di essere trasportato nella Curia Iulia ed esservi cremato. Durante il funerale, dinanzi a una Piazza del Foro brulicante di gente, l’ambiguo Marco Antonio pronunciò un’orazione che era destinata anch’essa a rimanere famosa. Shakespeare ha reso immortale quel discorso, con queste parole: «Amici, Romani, compatriotti, prestatemi orecchio; io vengo a seppellire Cesare, non a lodarlo. Il male che gli uomini fanno sopravvive loro; il bene è spesso sepolto con le loro ossa; e così sia di Cesare. Il nobile Bruto vi ha detto che Cesare era ambizioso: se così era, fu un ben grave difetto: e gravemente Cesare ne ha pagato il fio. Qui, col permesso di Bruto e degli altri – ché Bruto è uomo d’onore; così sono tutti, tutti uomini d’onore – io vengo a parlare al funerale di Cesare. Egli fu mio amico, fedele e giusto verso di me. (…)».