Da quando è alla guida del governo portoghese con un monocolore socialista (marzo 2022), il leader socialista Antonio Costa ha dovuto affrontare ben 13 dimissioni. Due ministri e 11 segretari di Stato, quasi un’uscita al mese.
Un record negativo. E un segno inequivocabile della scarsa tenuta di un esecutivo a cui sorprendentemente la maggioranza assoluta sta facendo più male che bene. Come dimostrano i tanti “casi e casini” di esponenti della maggioranza finiti nel tritacarne di polemiche e indagini giudiziarie per conflitto d’interessi, abuso di potere, corruzione, eccetera.
Ma – a questo punto – la vera sorpresa è che Antonio Costa fino ad oggi sia riuscito a tirarsi fuori dai problemi del governo che presiede. Conservando così la sua immagine di riformista vincente in Europa e – cosa ancora più incredibile – mantenendo la fiducia della maggioranza degli elettori portoghesi.
Alla fine è uscito indenne perfino dall’indagine parlamentare sulla gestione della Tap, la compagnia aerea controllata al cento per cento dallo Stato. Un’inchiesta appena conclusa, dopo una serie di audizioni da cui sono emersi diversi casi di cattiva gestione da parte di ministri, segretari di Stato e maggiorenti socialisti. “Casi e casini” finiti regolarmente in prima pagina e nei titoli di copertina dei Tg.
Insomma, un tritacarne mediatico da cui qualsiasi premier sarebbe uscito a pezzi. Ma Costa è riuscito miracolosamente a non farsi stritolare. A confermarlo c’è un sondaggio dell’Università Cattolica fatto subito dopo la conclusione dei lavori della Commissione. Bene, la stragrande maggioranza dei cittadini intervistati (77 per cento) giudica negativamente la gestione politica della Tap e quindi boccia l’attuale ministro delle Infrastrutture Galamba dandogli l’insufficienza, mentre Costa ottiene un sorprendente 8,7 e una valutazione positiva da parte del 46 per cento degli intervistati per come ha gestito il caso.
E il caso lui lo ha gestito facendosi riprendere con il sorriso sulle labbra mentre ripeteva sempre lo stesso ritornello, e cioè che il capo del governo non aveva nulla da dichiarare mentre i deputati della Commissione stavano facendo il lavoro per il quale erano stati eletti. Quindi avrebbe parlato solo dopo la conclusione dell’indagine parlamentare. Ben sapendo che la relazione finale, firmata da un rappresentante della maggioranza, sarebbe stata indolore. Infatti si limiterà a una tiratina d’orecchie al governo, con qualche semplice “raccomandazione” ai dicasteri interessati.
E così all’annuale dibattito parlamentare di luglio sullo “Stato della nazione” il primo ministro portoghese ha potuto tenere a bada l’opposizione. Prima sostenendo che le dimissioni di questo o quel ministro sono sempre state dettate da problemi personali e non hanno mai frenato il lavoro del governo a favore delle famiglie in difficoltà. Poi ha enumerato i dati economici che a suo dire fanno del Portogallo uno dei paesi Ue con “le migliori performances”: crescita prevista per 2023 tra il 2,4 e il 2,7 per cento, e inflazione che – «grazie a misure, come l’Iva 0 sui generi alimentari di prima necessità» – è scesa dal 10 per cento di dicembre al 3,4 di giugno.
E siccome l’opposizione (sia di destra che di sinistra) ha replicato in maniera che tutti gli osservatori hanno giudicato debolissima, adesso la previsione più accreditata è che l’anno prossimo, alle elezioni Ue, il PS di Antonio Costa finirà per confermare senza troppi problemi il suo primato tra i partiti portoghesi presenti nel Parlamento europeo.