Bonaccini contro Schlein, Schlein contro Bonaccini. Il presidente di una regione importante contro il suo ex vicepresidente diventata nel frattempo segretaria di un partito non-partito grazie ad un voto al quale hanno partecipato iscritti, simpatizzanti, passanti per caso e pure avversari politici in veste di guastatori.
Una burla alimentata dalla “società liquida” se non fosse che sullo sfondo appare sempre più nitido l’interrogativo: può esistere una democrazia senza popolo e senza partiti? Il tramonto delle ideologie è stato accompagnato, in rapida successione, da quello delle idee con la conseguente tendenza a ridurre la democrazia alla ricerca di un capo a cui affidare tutto il potere. Un unico momento decidente che rappresenta il brodo nel quale far crescere l’antipolitica.
Fino a qualche mese fa la crisi di identità del Pd era tenuta a bada dal quotidiano sforzo di mediazione tra le varie anime del partito, favorito dal collante del potere. L’arrivo della Schlein e la perdita della centralità, ha fatto esplodere tutte le contraddizioni interne costringendo ognuno a fare i conti con il senso del proprio impegno politico.
Stiamo così assistendo ad uno strano rimescolamento all’interno dei due schieramenti. Quello dei cattolici che aderendo all’Ulivo ed alle successive trasformazioni sino all’assetto attuale, hanno voluto offrire uno sbocco all’inquietudine post-conciliare. Uno sforzo teso a testimoniare la possibilità che due culture differenti possano camminare insieme se identici sono gli obbiettivi, e che, raggiunti alla fine possano respingere il pericolo di una politica senz‘anima.
Dopo qualche titubanza iniziale ed una riflessione sulla utilità di immaginare un nuovo partito dei cattolici, richiamati all’ordine da Castagnetti, si sono tutti stretti attorno a Bonaccini con l’idea di definire i contenuti ed i confini del partito. Tutti tranne Franceschini ed il suo gruppo attratti più dal tentativo di riconquistare il potere che da un obbiettivo di testimonianza e di ricostruzione politica che necessita, di per se stesso, di un lungo periodo di gestazione.
All’ansia della componente cattolica si è unito il forte disagio di molti settori della sinistra storica di fronte ad una globalizzazione che ha favorito l’imporsi del pensiero liberista che, unito alla fine del modello fordista, ha posto la classe operaia, e le forze che la rappresentano, ai confini della lotta politica. Queste due componenti si sono ritrovate e attorno a Bonaccini hanno dato vita ad un gruppo solido e consistente nel tentativo di resistere alla destrutturazione del partito ed alla dissoluzione di una esperienza culturale e politica.
Ma quello di sciogliere il Pd in un movimento più ampio, è invece l‘obbiettivo evidente, anche se non dichiarato in modo esplicito, della neo segretaria. Anche se la sostituzione al vertice della fondazione culturale del partito di Cuperlo con Zingaretti, è qualcosa di più di una semplice dichiarazione d’intenti. Cuperlo ha tenuto in vita in questi anni la fondazione, senza fondi e con il solo scopo di mantenere viva una fiammella di approfondimento e di scambio culturale. Zingaretti è un ex segretario del partito che si è dimesso con parole di fuoco contro il Pd e contro coloro che fino ad un minuto prima aveva guidato. Un geometra al posto di un raffinato intellettuale. Non è snobismo ma la più evidente dichiarazione del “cupio dissolvi”.