Sei mesi per poter fare una Tac polmonare, undici per una RM (risonanza magnetica) alla prostata. Ecco, oggi, cioè ai primi di settembre 2023, i tempi di attesa della Sanità pubblica nel Lazio.
Ma c’è anche di peggio. Per esempio, un paziente che ha bisogno di una visita gastroenterologica può tranquillamente risparmiarsi la fatica di telefonare allo 06-9939, il ReCup (centro di prenotazione Regione Lazio), perché gli direbbero che la visita specialistica prescritta dal suo medico «al momento non è prenotabile».
Se questa è l’istantanea che fotografa l’inaccettabile situazione della Sanità nel Lazio, non è che altrove le cose vadano poi tanto meglio. Infatti in Lombardia e in parte del Mezzogiorno la situazione nel pubblico non si discosta molto da quella della capitale, dove il diritto alla salute viene quotidianamente negato. Quindi, chi non ha la possibilità economica di pagarsi tutto, ricorrendo a cliniche e laboratori privati, può aspettarsi solo il peggioramento delle proprie condizioni di salute.
Si tratta di una situazione impensabile fino a poco tempo fa, quando il nostro SSN (Servizio sanitario nazionale), universale e gratuito, era un vanto per l’Italia e rappresentava un modello planetario. Poi è arrivato il Covid e sono saltate fuori le crepe e i danni provocati dai tagli alla Sanità praticati da vari governi nell’arco degli ultimi anni. Visto l’invecchiamento della nostra popolazione e il rapido aumento dell’età media, si è trattato di una scelta miope.
E così adesso il panorama della Sanità pubblica italiana mostra tutti i segni lasciati dallo tsunami arrivato con il Covid. A cominciare dal problema dei problemi: la carenza di medici e di personale sanitario.
Sempre più vecchi, sempre più sovraccarichi e sempre più stressati molti medici di famiglia ormai non ce la fanno più, come documentato dalle cronache che raccolgono le loro lamentele. Attualmente in Italia, anche calcolando un rapporto di uno ogni 1.250 assistiti, che comunque è alto, ce ne sono almeno tremila meno del necessario. La situazione peggiore è in Lombardia (dove ne mancano un migliaio) e questo smantellamento della Sanità territoriale contribuisce a spiegare, meglio di tante analisi postume, il disastro lombardo ai tempi del Covid.
Ma i buchi in organico non investono solo la medicina generale. Riguardano tutto il Sistema sanitario nazionale. Negli ospedali pubblici mancano all’appello almeno 30 mila medici, ma anche 70 mila infermieri e 100 mila posti letto. Assolutamente drammatica la situazione di molti Pronto soccorso, con cinquemila medici in meno.
E visto che ogni anno vanno in pensione circa 12 mila medici, per colmare gli attuali buchi negli organici bisognerebbe assumerne 15 mila per i prossimi dieci anni. Obiettivo impossibile, viste le strozzature che da anni limitano l’accesso alla professione. A cominciare dal famigerato numero chiuso per entrare alla facoltà di Medicina, e ai pochi posti disponibili per le specializzazioni post-laurea.
Per non parlare della scarsa attrattiva di una professione che in Italia prevede condizioni di lavoro stressanti e responsabilità crescenti, a fronte di stipendi bassi e comunque inferiori a quelli dei colleghi europei.
Se questa è la situazione, va da sé che la carenza di medici, personale e strutture adeguate che sta mandando in pezzi un Sistema Sanitario Pubblico rappresenta il risultato della mancanza di lungimiranza di un’intera classe politica. Come dimostrato dalle troppe leggi di Bilancio statale che nell’arco di un paio di decenni hanno visto la maggioranza politica di turno (sia di destra che di sinistra) tagliare la spesa sanitaria proprio quando sarebbe stato necessario fare il contrario.
E così, taglia oggi e taglia domani, siamo arrivati sull’orlo del baratro. Con un intero sistema che per andare avanti fino ad ora non ha trovato niente di meglio che spingere una parte del personale a turni sempre più massacranti. Il risultato è la valanga di dimissioni registrate ogni anno nel Servizio pubblico.
Con gli specialisti in fuga verso il privato e i neolaureati che se ne vanno all’estero dove gli stipendi sono più alti, molti ospedali sono costretti a ricorrere all’esterno: alle cooperative di servizio e a “medici a gettone” che si fanno strapagare i loro turni di guardia.
E adesso? Adesso il governo Meloni promette un intervento a favore della Sanità nella prossima legge di Bilancio. I soldi per il fondo sanitario nazionale servono – come ormai è evidente – per garantire il funzionamento del sistema. Ma il governo ha già fatto sapere che «la coperta del Bilancio dello Stato è corta». Quindi, anche questa volta, c’è poco da stare allegri, perché i soldi di cui la Sanità ha assolutamente bisogno arriveranno solo «se ci saranno le risorse».