In un articolo nel Washington Post del mese di gennaio del corrente anno Eric Adams, sindaco di New York, aveva cantato le lodi dei migranti «provenienti da tutte le parti del mondo», i loro contributi e quelli dei loro discendenti.
Gli immigrati, scrisse Adams, sono stati il motore economico della città che riempie le casse del fisco federale. Adesso, però, Adams ha cambiato idea e ha recentemente descritto l’impatto dei migranti come possibile causa della distruzione della città. Che cosa è successo?
Il numero dei migranti nella Grande Mela ha raggiunto più di 100 mila unità e potrebbe creare un buco nel bilancio comunale di 12 miliardi di dollari nei prossimi tre anni. I costi sono insostenibili, secondo il sindaco. La città spende più di 300 dollari al giorno per ogni migrante. Le mani di Adams sono in parte legate da un accordo comunale che risale al 1981, secondo il quale la città fu costretta a garantire alloggio a chiunque ne abbia bisogno “per motivi fisici, mentali o disfunzioni sociali”. L’accordo storico non si riferiva ai migranti ma ovviamente anche loro sono inclusi. Le spese per trovare alloggi ai senzatetto e ai migranti hanno costretto Adams a suonare un campanello d’allarme fiscale perché il bilancio della città non sarà sufficiente per fornire i servizi al numero crescente dei nuovi arrivati e ai residenti della Grande Mela.
La nuova posizione di Adams sui migranti ha fatto piacere ai repubblicani vedendo confermata la loro ideologia. In linea generale i repubblicani insistono su una mano dura verso i migranti e auspicano la prevenzione di ingressi bloccandoli e lasciandoli fuori dai confini statunitensi. Adams però non si congratula con i repubblicani e infatti li bacchetta per la loro mancanza di azione politica nel risolvere la situazione immigratoria mediante leggi adeguate.
Adams allo stesso tempo ha identificato una soluzione che contribuirebbe notevolmente a risolvere i problemi della sua città che potrebbe anche applicarsi ad altre metropoli come Chicago, Los Angeles e persino alle zone della frontiera che versano in situazioni simili. Adams ha fatto richiesta all’amministrazione di Joe Biden di concedere Temporary Protective Status (TPS), Status Protettivo Temporaneo, ai migranti venezuelani, un visto di residenza legale temporanea. Questo status si basa su una legge del 1990 e permette al Department of Homeland Security di proteggere individui da deportazione se la loro vita potrebbe essere messa a rischio in caso di rimpatrio. Il periodo di permanenza temporanea può essere di 6, 12, o 18 mesi permettendo ai migranti di potere lavorare legalmente negli Usa. In passato questo provvedimento è stato usato per profughi di tanti paesi incluso El Salvador, Nicaragua, Haiti, Nepal, Sudan, e Venezuela.
Non tutti i migranti a New York qualificherebbero per il TPS ma si calcola che il 40 percento dei nuovi arrivati provengono dal Venezuela. Adams però ha fatto richiesta a Biden di includere tutti i migranti nella sua città per il TPS. Altri gruppi sostenitori dei migranti hanno reiterato la richiesta di Adams come pure Kathy Huchol, la governatrice dello Stato di New York. A dare manforte a questo piano si sono aggiunti le aziende che di questi giorni hanno forte bisogno di manodopera. Jamie Dimon, della JP Morgan Chase e un gruppo di 120 esecutivi hanno inviato una lettera a Biden il mese scorso, esortandolo a mettere subito in moto il TPS.
Il visto di TPS aprirebbe le porte all’occupazione dei migranti e farebbe respirare il bilancio di New York e di altre metropoli che affrontano questa situazione. Al momento, i migranti che aspettano la risoluzione della loro richiesta di asilo, cercano di fare qualche lavoretto in nero, insufficiente ad offrire loro indipendenza economica completa.
Biden fino adesso ha esitato perché teme che incoraggerebbe altri migranti a recarsi negli Stati Uniti. Spiegazione poco convincente poiché i disperati che intraprendono lunghi e pericolosi viaggi per recarsi negli Usa o in altri Paesi sono consapevoli di questi provvedimenti. La decisione per abbandonare il loro Paese è dovuta ad altre ragioni. Biden sarà anche preoccupato dall’aspetto politico poiché i suoi avversari vedono giustamente la questione dell’immigrazione una carta vincente per loro. Ciononostante sappiamo benissimo che una volta al potere la destra, sia in America che in Italia e altrove, non riesce a risolvere il nodo dell’immigrazione.
In America Trump aveva promesso un muro lungo la frontiera col Messico che avrebbe bloccato gli ingressi. Riuscì a costruirne solo una piccolissima parte e la sua sparata che il Messico avrebbe pagato i costi non si è avverata. Biden però dovrà capire che le sue possibilità di vittoria con la questione dell’immigrazione aumenterebbero chiedendo agli americani cosa hanno fatto i repubblicani e Trump per legiferare e risolvere la drammatica situazione dei migranti. Tutti sappiamo la vera soluzione. Bisogna migliorare la situazione in altri Paesi. Solo così si eliminerà la febbre di abbandonare il proprio Paese in cerca di altri lidi.
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Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California. Alcuni dei suoi articoli hanno vinto premi della National Association of Hispanic Publications.