Aponte ed Elkann. L’Italia delle grandi famiglie industriali è ormai ridotta a un club ristrettissimo. In molti hanno venduto e lasciato il Belpaese, altri stanno smobilitando ma c’è anche chi compra.
John Elkann, 47 anni, industriale blasonato, l’erede di Gianni Agnelli, sta vendendo. Gianluigi Aponte, 83 anni, imprenditore di prima generazione, non blasonato, compra. Elkann ha venduto la Magneti Marelli, una perla della componentistica dell’automobile, una delle colonne prima di Fiat e poi di Fiat Chrysler Automobiles. Ha ceduto L’Espresso e molti quotidiani del Nord-Est del gruppo Gedi. Aponte ha acquistato il 49% di Italo, la compagnia ferroviaria privata dell’alta velocità e il 49% di Moby, la società di traghetti per la Sardegna e la Corsica.
Elkann è nato a New York, risiede a Torino, la culla degli Agnelli e della Fiat, ma spesso è a Parigi, in Europa e in America. Presiede Stellantis nata dalla fusione tra Fca e la francese Psa ma è fuori dalla gestione operativa. Guarda con occhi distratti gli stabilimenti italiani dell’auto ridotti allo stremo (producono poco più di 400.000 vetture l’anno contro il milione delle fabbriche francesi). Luca di Montezemolo, ex presidente della Fiat, ha accusato Elkann di aver di fatto venduto il gruppo ai francesi di Peugeot-Citroen.
Aponte ha lasciato molti anni fa Sorrento, risiede a Ginevra, è cittadino svizzero, e da lì guida la Msc, Mediterranean Shipping Company, divenuta una grande multinazionale con al centro il più grande gruppo armatoriale del mondo.
Il nipote di Gianni Agnelli potrebbe cedere la Juventus, altri giornali e l’Iveco per concentrare gli investimenti su aziende del lusso e della sanità (ha già acquistato delle società estere in questi settori). Il presidente di Msc invece potrebbe acquisire Alpitur e potrebbe tornare in pista per acquistare Ita Airways assieme a Lufthansa.
“Il Comandante” dirige con i figli Diego e Alexa la Msc, un gruppo con sfavillanti profitti soprattutto nel trasporto marittimo. John guida la famiglia Agnelli-Elkann proprietaria (tramite la finanziaria Exor) di Stellantis, Ferrari, Cnh Industrial, Juventus, Gedi. I profitti ci sono ma non sono così sfavillanti.
Elkann parla poco, solo in occasioni ufficiali. Presentando al Lingotto di Torino la Topolino e la 600 elettriche, due nuovi modelli Fiat messi sì in pista ma in fabbriche fuori dell’Italia, ha fatto grandi promesse. Ha azzardato: Stellantis «è un’azienda che ha radici profonde in Italia, dove abbiamo un passato glorioso, un presente forte e un futuro entusiasmante».
Sul «passato glorioso» nessuno ha dubbi. Però sul «presente forte» e sul «futuro entusiasmante» i dubbi sono forti. Sono critici soprattutto i sindacati italiani. I motivi sono tanti: fanno i conti con il crollo della produzione; con gli scarsi investimenti su pochi modelli; con il calo continuo dell’occupazione per i prepensionamenti, gli esodi incentivati e la cassa integrazione. L’impianto di Grugliasco è stato chiuso e la produzione dei modelli Maserati trasferita a Mirafiori Anche il governo è molto preoccupato. Il ministro delle Imprese e del made in Italy Adolfo Urso ha chiesto a Stellantis di aumentare la produzione in Italia a un milione di auto ma un accordo ancora non c’è.
“Il Comandante” è molto silenzioso, non parla quasi mai. Però investe sia all’estero e sia in Italia. Nel nostro paese opera grandi investimenti nei trasporti e nei porti. Aponte ha fatto tante scommesse imprenditoriali, gli manca solo l’auto.