L’antica via Cassia. Le strade furono una delle nervature fondamentali della civiltà romana, prima della Repubblica e poi dell’Impero. Sulle vie consolari viaggiavano le legioni, le merci, gli scambi culturali tra paesi e popoli diversi. Maria Luisa Berti racconta le vie consolari di Roma. Dopo tre articoli sulla via Aurelia è il turno della Cassia. Il 9 ottobre abbiamo pubblicato il primo pezzo sulla strada costruita dall’Urbe per controllare l’Etruria, il 14 ottobre è seguito il secondo. Oggi 19 ottobre mettiamo in pagina il terzo articolo.
Dopo Bolsena l’antica via Cassia attraversava il fiume Paglia, poi seguiva il torrente Ritorto fino a Fabro dove seguiva il fiume Clanis, Chiani, fino a Chiusi, l’etrusca Clevsin, o Camars che, come Volsinii, era una delle principali città della dodecapoli etrusca.
Il suo re, Porsenna, conquistò Roma dopo la cacciata di Tarquinio il Superbo, ma non riuscì a mantenerne il possesso. Nell’82 a.C. vi si stabilì una colonia di veterani che tolsero agli etruschi le terre migliori; poi divenne municipio romano col nome di Clusium e sorgeva lungo la via Cassia e lungo il fiume Clanis. Questo fiume, ora scomparso, nasceva dalle colline attorno ad Arezzo, percorreva la Val di Chiana e i Romani lo avevano reso navigabile fino al Tevere.
Della città etrusca restano parte delle mura e numerosi sepolcreti con alcune tombe dipinte; di età romana è rimasto l’impianto urbano e ruderi delle mura. Molti i tesori provenienti dalle necropoli, tra cui vari canopi. Nella necropoli Etrusca di Fonte Rotella, nel 1844/45, fu ritrovato un cratere attico a figure nere, databile al 570 a.C.: si tratta del famoso Vaso François, che prende nome dal suo scopritore ed ora è conservato al Museo Archeologico di Firenze.
Viste le pessime condizioni della via nel tratto da Bolsena a Chiusi, l’imperatore Traiano fece costruire un nuovo tracciato, la Via Traiana Nova, che evitava l’attraversamento della valle alluvionale del fiume Paglia, alle Colonnacce.
La Cassia Vetus arrivava ad Arezzo, Arretium, passando per Cortona. Della Curtun etrusca restano le mura del VI sec. a.C. e le tombe a tumulo di recente scoperta, i cosiddetti meloni, tra cui il Melone di Camucia che ricoprono camere sepolcrali di antiche famiglie nobili. Il territorio attorno a Cortona fu devastato dai Cartaginesi che poi alla guida di Annibale sconfissero l’esercito romano guidato dal console Flaminio, a Sanguineto, sul Lago Trasimeno, nel 217 a.C.
Arezzo sorge in una zona abitata fin dalla preistoria e i pre-etruschi si insediarono sul Colle di San Cornelio, poco distante dall’attuale città. L’abitato etrusco si sviluppò poi sul Colle di San Donato e l’antica Aritm esisteva già nel IX sec. a.C., faceva parte della dodecapoli e aveva insieme a Cortona, Orvieto e Chiusi un ruolo predominante nella valle del Clanis. I giochi etruschi si svolgevano presso la rupe di Orvieto dove il fiume confluiva sul Tevere.
Arezzo, Volterra, Perugia organizzarono un esercito per frenare l’espansione romana nella loro zona ma furono sconfitte a Rosselle, vicino a Grosseto, nel 295 a.C. Dalla metà del III sec. a.C. tutta l’Etruria era stata conquistata dai Romani che però copiarono di quel raffinato popolo l’arte e i costumi, dal vestiario all’arredamento, alle suppellettili, alle armi e alle insegne belliche. Arezzo era la città dell’oro che qui veniva lavorato, traendone bellissimi oggetti in filigrana, conservati al Museo Archeologico insieme ai buccheri neri e ai vasi corallini di epoca romana.
Nel 1553, durante la costruzione di fortificazioni medicee nella periferia della città, venne ritrovata la scultura in bronzo di una chimera, che Cosimo de’ Medici volle subito portare a Firenze dove tuttora è conservata. Risalente al IV sec. a.C., la Chimera di Arezzo era probabilmente un ex voto per un santuario della zona, poi distrutto e dedicato a Tinia, il Giove etrusco.
La Chimera poteva far parte di un gruppo di statue comprendente l’eroe Bellerofonte e il cavallo alato Pegaso, non ritrovati. Secondo la leggenda l’eroe uccise la chimera, affondando la lancia nella sua bocca da cui uscirono le fiamme, che fusero la punta di piombo nella gola e nel ventre della bestia. Nell’89 a.C. Arezzo ottenne la cittadinanza romana e si arricchì di grandi opere pubbliche (terme, teatro, Foro) e di edifici privati.
Da Arezzo la Cassia Vetus seguiva una via sul controcrinale del Pratomagno, via che collegava molti villaggi agricoli e che ora è chiamata la Via dei Setteponti. La sua costruzione richiese un forte impegno, anche economico, essendo il territorio ricco di torrenti. In epoca imperiale fu costruita la Cassia Adrianea che da Chiusi andava lungo le pendici orientali dei Monti del Chianti e, ad alta quota, traversava il crinale a Cintoia, poi scendeva a Strada in Chianti, Grassina, Badia a Ripoli e infine voltava a destra verso Florentia, in fondo a Via Strozzi. Da qui la Cassia partiva per Prato, Pistoia, Montecatini e Lucca, dove c’era un collegamento verso la via Aemilia Scauri. Un’altra strada risaliva la valle del Serchio, attraversava il Passo delle Forbici e arrivava a Parma, aprendo la strada verso il nord.
L’attuale Strada Statale 2 (SS2) fu costruita nel 1928 e prende il nome di questa antica via consolare; essa tocca le principali città ma non ne segue il percorso e non passa per Arezzo ma per Siena. Il percorso dell’attuale Cassia passa per Roma, Vetralla, Viterbo, Montefiascone, Radicofani, Siena, Poggibonsi, Firenze.
Terzo articolo – Fine