Circa duemila morti e almeno altrettanti feriti sono il tragico bilancio, peraltro ancora provvisorio, del terremoto che a partire dal 7 ottobre ha colpito la parte occidentale dell’Afghanistan.
Le continue scosse, con punte di magnitudo 6,3, hanno raso al suolo una serie di villaggi nella provincia di Herat, città situata 120 km a est del confine iraniano e considerata la capitale culturale dell’Afghanistan.
Anche se tratta di un’area a forte rischio sismico, il terremoto del 7 ottobre nella provincia di Herat è stato il peggiore degli ultimi anni, quello con il maggior numero di vittime. Tra l’altro, secondo quanto riferito da alcuni osservatori delle Nazioni Unite, oltre il 90 per cento delle persone uccise in seguito alla prima scossa, la più forte, erano donne e bambini.
Se i fatti sono questi, c’è da chiedersi per quale ragione una simile catastrofe umanitaria sia stata praticamente ignorata dai media occidentali. Finendo relegata in poche righe quasi sempre presentate con titoletti tipo: “Forte scossa di terremoto a Herat”. Un “oscuramento” di questo tipo non può essere giustificato dal fatto che l’attacco di Hamas e i bombardamenti di Gaza non lasciavano spazio. Infatti altre “notizie” continuavano ad essere date con evidenza accanto ai reportage dal Medio Oriente di nuovo in fiamme.
Per trovare una spiegazione all’oscuramento del sisma serve leggere Ali M. Latifi su “The New Humanitarian”, agenzia giornalistica svizzera specializzata in diritti umani. L’autore, corrispondente da Kabul della rete televisiva Al Jazeera, scrive che dalla fine di agosto del 2021, cioè da quando le ultime truppe Usa hanno lasciato l’Afganistan «il paese, governato dai talebani, è sempre più isolato e gli aiuti internazionali sono diminuiti». In maniera tanto drastica che a settembre scorso il Comitato internazionale della Croce Rossa ha smesso di finanziare 25 ospedali gestiti dal governo, tra cui quello di Herat.
E siamo al punto. Una volta finita con un clamoroso e fallimentare ritiro la campagna d’Afghanistan (2001-2021), gli Stati Uniti hanno abbandonato Kabul al suo destino. Da qui la strategia dell’asfissia, con il “progressivo isolamento” del governo talebano fino al taglio degli aiuti internazionali compresi quelli umanitari.
A questo punto, visto che l’Afganistan non interessa più al governo di Washington, ormai impegnato su altri fronti caldi, ecco che gli alleati degli Usa, identificabili più o meno con i paesi dell’area Nato, si adeguano. Come gli enti internazionali controllati dagli americani. E come il circolo mediatico occidentale che, mostrandosi più realista del re, è arrivato a cancellare una catastrofe umanitaria con migliaia di vittime.