Lucrezia Borgia è una figura celebre del Rinascimento. Passa alla storia per l’intelligenza, la bellezza, gli intrighi politici e amorosi. Ma la controversa vicenda della figlia del papa Alessandro VI Borgia lascia un segno anche nella gastronomia: sembra che abbia ispirato l’invenzione delle tagliatelle. Maria Luisa Berti racconta la storia dell’affascinante Lucrezia in tre articoli. Il primo articolo l’abbiamo pubblicato il 21 ottobre, il secondo oggi 23 ottobre.
Lucrezia Borgia ebbe una vita breve ma intensa, vissuta tra gli sfarzi e gli intrighi della corte del padre e di quelle dei suoi mariti. Lucrezia nacque il 18 aprile 1480 a Subiaco, nei dintorni di Roma, dal cardinale spagnolo Rodrigo Borgia, poi Papa Alessandro VI, e da una cortigiana mantovana, Vanozza Cattanea. Aveva vari fratelli tra cui l’ambizioso e spregiudicato Cesare, detto il Valentino. Quando il padre divenne Papa, per le sue mire politiche e per favorire l’ascesa di Cesare, non esitò a coinvolgere la figlia nelle sue trame politiche. Così Lucrezia, vittima del padre e del fratello, fu colpita da accuse infamanti: si vociferava che avesse avuto relazioni incestuose e che fosse un’avvelenatrice.
Aveva solo 13 anni quando il padre la fece sposare con Giovanni Sforza, conte di Pesaro, nipote del temibile Ludovico Maria Sforza, detto il Moro, padrone di Milano. Quando però costui non gli servì più, pensando a nuove proficue alleanze, fece annullare il matrimonio dalla Sacra Rota, costringendo il genero a confessare di non aver consumato il matrimonio ed obbligando Lucrezia a dichiarare di non aver avuto mai rapporti coniugali col marito.
Nel 1948 Alessandro VI, inseguendo altri obiettivi di potere, combinò un nuovo matrimonio di Lucrezia con Alfonso D’Aragona, duca di Bisceglie. Dopo soli due anni il Papa, che aveva nuovi progetti, non esitò a far assassinare il genero per mano del figlio Cesare, che ammise di averlo ucciso, ma per difesa. Lucrezia, che era innamorata del marito, per la rabbia e il dolore si ammalò e perfino rifiutò di nutrirsi finché il padre la inviò a governare Nepi, roccaforte dei Borgia in provincia di Viterbo, per allontanarla da Roma.
Costrinse infine la figlia a sposare Alfonso d’Este, primogenito del duca Ercole I di Ferrara. Alla corte estense, Lucrezia fece dimenticare la sua origine di figlia illegittima del papa, i suoi due falliti matrimoni e tutto il suo passato ingiustamente infamante. Grazie alla sua bellezza e alla sua intelligenza, si fece ben volere sia dalla nuova famiglia sia dalla popolazione ferrarese. Acquistò la fama di abile politica e accorta diplomatica.
Il marito le affidava l’amministrazione del ducato quando doveva assentarsi da Ferrara. Amante dell’arte e del bello, Lucrezia fece accogliere alla corte estense poeti e artisti, tra cui Ludovico Ariosto che di lei scrisse: «Lucrezia Borgia, di cui d’ora in ora la beltà, la virtù, la fama onesta e la fortuna crescerà, non meno che giovin pianta in morbido terreno» (Orlando Furioso: XIII,69-71).
Dal 1503 nacque un profondo legame affettivo con Pietro Bembo, letterato e politico veneziano, legame confermato dalle lettere tra i due, pubblicate postume nella raccolta Lettere (1548/1552). Nel corso del suo soggiorno a Ferrara svanì la cattiva fama, che l’aveva preceduta, perché gli Estensi l’avevano ben accolta (tranne la cognata Isabella) e perché era amata dal popolo. Dal 1512, per le sventure che colpirono lei e la casa ferrarese, Lucrezia divenne fervida credente: indossò l’abito dei frati francescani e il cilicio. Negli ultimi anni di vita si dedicò alle persone più bisognose, fondando il Monte di Pietà di Ferrara. Indebolita dalle numerose gravidanze (aveva avuto 7 figli) Lucrezia morì giovane a 39 anni.
Le voci maligne, che accusavano Lucrezia di intrighi, di omicidio e di rapporti incestuosi e che si erano spente dopo il suo arrivo a Ferrara, continuarono dopo la sua morte soprattutto da parte dei nemici dei Borgia. In particolare, fu Papa Giulio II a scatenare su Lucrezia e sulla sua famiglia accuse infamanti che vennero riprese nelle cronache e nei libelli del tempo, anche da Francesco Guicciardini e da Jacopo Sannazaro che la definì “figlia, moglie e nuora”. Ad alimentare tali accuse fu anche la pubblicazione del Liber Notarum, il diario in cui Johannes Burckardt, detto il Burcardo, maestro di cerimonie alla corte papale, descriveva le etichette e gli eventi della corte tra cui alcune scene licenziose dei Borgia. Lucrezia però è presente solo in due episodi raccontati dal Burcardo.
Secondo articolo – Segue