Agenzia delle entrate-Riscossione e Campidoglio. Qualche volta gli incubi generati dalla pubblica amministrazione ti piombano sulla testa tramite posta elettronica. Altre volte invece seguono la via tradizionale della posta ordinaria. Il vostro cronista, in questo caso, è travolto da un incubo burocratico tramite la posta ordinaria, come una volta.
Apre la cassetta della posta in un giorno poco allegro di fine ottobre e trova una strana lettera dell’Agenzia delle entrate-Riscossione di Roma. Legge: «Sollecitiamo il pagamento di 131,88 euro, comprensivo degli interessi di mora calcolati fino al 9/11/2023». Il tono è tra il cortese e il minaccioso. Se non ci sarà il pagamento verranno attivate «le procedure cautelari». Sono portati come esempi «il fermo amministrativo della sua autovettura» e «il pignoramento del conto corrente».
All’inizio non capisco di cosa si tratti. Mi sforzo, setaccio la memoria. Poi mi scatta una scintilla: forse si tratta di una multa stradale. È proprio così. Sono esterrefatto: l’incubo è antico, riguarda una contravvenzione già pagata nel 2021. Ho tutta la documentazione e la ricevuta del saldo. Non solo. Il Dipartimento Risorse Economiche di Roma Capitale nel 2022, sempre nel fatidico mese di ottobre, per errore mi richiese nuovamente il pagamento della multa. Contestai la richiesta tramite una Pec (Posta elettronica certificata). Inviai la ricevuta del pagamento effettuato tramite bonifico bancario e la mia carta d’identità fronte-retro.
Il Dipartimento Risorse Economiche di Roma Capitale mi mandò anche un modulo «Richiesta in autotutela di discarico amministrativo Cartella Esattoriale» da compilare «al fine di semplificare il rapporto con il cittadino». Spedii tutta la documentazione necessaria. L’ufficio tributario del Campidoglio mi inviò immediatamente tramite Pec una ricevuta che conservo con religiosa attenzione.
Ero tranquillo. Sembrò tutto risolto, il Comune di Roma provvederà a correggere l’errore. Invece purtroppo non è andata così. Lo sbaglio non è stato corretto e il Campidoglio ha attivato addirittura l’Agenzia delle entrate-Riscossione, il braccio armato del ministero dell’Economia e delle Finanze per incassare le imposte. Già anni fa sperimentai il caos dell’Acea, l’azienda capitolina per luce, gas e acqua.
In questi casi faccio appello a tutto il mio autocontrollo. Mi dico: il Campidoglio e l’Agenzia delle entrate ripetono continuamente di essere al servizio dei cittadini e dei contribuenti, non possono smentirsi, risolveranno subito l’errore. Mi attacco al telefono. Prima chiamo lo 060606, il numero verde del Comune di Roma. Una voce femminile mi risponde di non potermi far parlare con nessuno perché «non esiste un ufficio» per il problema esposto.
Poi compongo lo 060101, un numero verde dell’Agenzia delle entrate. Niente da fare anche questa volta: perennemente occupato. Quindi chiamo lo 0696668907, un altro numero telefonico dell’Agenzia con la speranza di migliore fortuna. Scatta una segreteria telefonica. Digito sul telefono non so quante volte i tasti 1 o 2 per avere informazioni, per parlare con un operatore. Scatta la speranza quando la segreteria telefonica mi domanda il mio codice fiscale, ma poi c’è la delusione: cade la comunicazione. Segue un’altra speranza e un’altra delusione. Una voce metallica risponde dopo l’indicazione del codice fiscale ma mi comunica: tutti gli operatori sono impegnati.
È un calvario destabilizzante per la psiche del contribuente onesto. Sciupo inutilmente tutta la mattinata per non concludere niente: nessuna risposta, nessuna possibilità di correggere lo sbaglio degli uffici pubblici; cominciando dagli errori della Polizia di Roma Capitale presso i quali pagai la multa. E non è un caso isolato: a Roma sugli automobilisti piovono multe sbagliate per cento motivi diversi. E per migliaia di cittadini spesso è impossibile parlare con la pubblica amministrazione nonostante i solenni proclami. Così gli sbagli restano e proliferano. Ma non demordo. È inaccettabile sia l’errore ripetuto e sia l’arroganza.