L’uva e il vino hanno una storia antica. Ne fanno parte anche i brentatori. L’uomo cominciò a coltivare la vite agli albori della civiltà. Il vino fu ed è una bevanda molto apprezzata. Un tempo il vino era molto costoso e riservato solo alla tavola dei ricchi, poi il “nettare degli dei” è divenuto un prodotto alla portata di tutti. Nel Medioevo il vino poteva essere portato a Bologna solo dai brentatori. Ce ne parla Maria Luisa Berti. Il primo articolo l’abbiamo pubblicato il 5 novembre, il secondo esce oggi 7.
Con l’avvento del Cristianesimo il vino, usato durante la messa, assunse un significato mistico e il suo uso fu assicurato nei secoli a venire. Infatti, la coltivazione della vite e la produzione di vino, che si erano diffusi rapidamente nei territori conquistati dai Romani, con la caduta dell’Impero continuarono a svilupparsi ad opera dei monaci e dei papi, interessati alle rendite provenienti dalle tasse sul vino.
Il primo “sommelier” fu Sante Lancerio, alla corte di Papa Paolo III Farnese, per cui selezionava i vini migliori poi descritti in una piccola guida. Papa Sisto V fece introdurre nel 1588 i primi contenitori di vetro, in sostituzione di quelli in terracotta o in metallo, per evitare frodi. Le misure usate nelle antiche osterie erano il tubo (1 litro), la foglietta (1/2 litro), il quartino (1/4 litro) e il chirichetto (1/5 litro). Se il cliente si fosse lamentato, l’oste avrebbe risposto: «E stai a guarda’ er capello», un’espressione tramandata nel tempo.
Nel Medioevo il territorio emiliano era ricco di vigneti soprattutto nelle terre della Chiesa e il commercio del vino era fiorente. La produzione di vino doveva essere notevole visto anche l’afflusso degli studenti, tutti adulti, che frequentavano lo Studio bolognese. Il Comune, perciò, aveva emanato precise leggi: tutti i vini dovevano arrivare a Bologna, ne era vietato il contrabbando e solo i brentatori potevano trasportarlo. Essi, infatti, caricavano sulle loro spalle le brente, grandi recipienti conici di legno, della capacità di uno staio (circa 39 litri), per trasportare il vino e all’occasione l’acqua per spegnere incendi. Infatti, al suono della Campana del Fuoco della Torre degli Asinelli, accorrevano con le loro brente. Non solo trasportavano il vino ma lo assaggiavano, ne fissavano il prezzo e riscuotevano le tasse. Erano stati allestiti dei Trebbi, posteggi stabili o punti fissi di ritrovo in vari punti della città e divennero 18 grazie all’intensa attività di questi lavoratori.
Erano iscritti alla Compagnia dell’Arte dei Brentatori e, dal 1250, avevano la loro sede e l’ufficio del dazio in Via dei Dazi, dove ora c’è l’Art Hotel dei Commercianti, in via De’ Pignattari al n.11. Non avevano però diritti politici e non potevano partecipare alla formazione della Compagnia delle Armi, ma svolgevano importanti attività per i loro concittadini con il loro faticoso lavoro.
La loro compagnia fu legalmente riconosciuta nel 1407 con i compiti e le funzioni da loro sempre svolti, venne poi sciolta, come le altre compagnie e/o corporazioni di arti e mestieri, nel 1796 con l’arrivo di Napoleone e l’istituzione della Repubblica Cisalpina.
La qualità dei vini doveva essere buona come testimoniato dal re Ottone I che, donando il borgo di Oliveto all’abbazia di Nonantola, riconosceva la bontà del vino da essa prodotto. Monteveglio, Oliveto e Zappolino erano i maggiori produttori. Proprio da Oliveto partiva la Via dei Brentatori, una delle più antiche vie italiane del vino, che nacque dalla necessità di trasportare il mosto e il vino dal contado in città, utilizzando percorsi collinari. Le vie di pianura, infatti, nel XIII secolo erano minacciate dalle truppe modenesi ai confini tra i due comuni. Questa via, conosciuta anche come Dacio dal Vino, è ora percorribile tra tratti di asfalto e sentieri, attraverso le colline percorse dai brentatori, per riscoprire le tradizioni legate alla viticultura locale. Il percorso parte da Oliveto, si dirige verso Pradalbino, Monte Avezzano, Monte San Pietro, San Lorenzo in Collina, poi costeggia i torrenti Landa e Lavino per raggiungere Gesso, Riale e la Bazzanese.
La riscoperta e la valorizzazione di questa via è anche merito della Compagnia dell’Arte dei Brentatori, sorta proprio a Bazzano, presso l’Albergo della Rocca, nel 1970, con lo scopo di rivalutare il vino come nobile prodotto naturale nonché come patrimonio culturale.
Secondo articolo – Fine