La via Tiburtina è una delle più antiche delle strade consolari romane. Tivoli è una sua perla. Maria Luisa Berti racconta la storia e i misteri della via che partiva da Roma, attraversava il Lazio, valicava gli Appennini per arrivare fino all’attuale Pescara in Abruzzo. Il primo articolo l’abbiamo pubblicato il 15 novembre, il secondo esce oggi 19.
Tivoli sorge alle pendici dei Monti Tiburtini e ha origini più antiche di Roma. Virgilio nel libro VII dell’Eneide la ricorda come Tibur Superbum. Secondo Dionigi d’Alicarnasso sarebbe stata fondata dagli Aborigeni in seguito ad una migrazione durante una primavera sacra. Fu poi fortificata sulla riva sinistra dell’Aniene dai Siculi, che furono sconfitti da coloni greci guidati da Tiburto, insieme ai fratelli Catillo e Cora. Tiburto diede nome alla città e fondò l’acropoli su un colle inaccessibile. Da qui si dominava la gola di Villa Gregoriana e il guado su cui passavano le greggi per la transumanza dall’Agro Romano all’Abruzzo.
Tivoli era un centro di scambi per le popolazioni della zona, soprattutto Latini e Sanniti, come testimonia il santuario dedicato ad Ercole Vincitore, protettore dei commerci, santuario restaurato nel 2011. Nel IV secolo, come alleata della Lega Latina, combatté invano contro Roma, poi durante le guerre puniche fu un importante punto di rifornimento per l’esercito romano. Neutrale durante le guerre civili, fu dichiarata municipio nel I sec. a.C. per poi diventare, in età imperiale, un grande centro commerciale e residenziale, che diede impulso alla costruzione di tante ville per ricchi e notabili romani, tra cui quella dell’imperatore Adriano, riconosciuta Patrimonio dell’Unesco nel 1999. Qui trascorse gli ultimi giorni Zenobia, la regina guerriera di Palmira, che osò sfidare Roma e, sconfitta nel 274 dall’imperatore Aureliano, fu lì rinchiusa fino alla morte.
Dopo l’anarchia militare, la decadenza e la caduta dell’impero, nell’Alto Medioevo la popolazione abbandonò ville e campagne per rifugiarsi all’interno delle mura di Tivoli, allora governata da un duca. La città appoggiò poi Federico Barbarossa che fortificò le mura e fece inserire l’aquila imperiale nello stemma della città. Fu sede vescovile e fu coinvolta nelle contese feudali e nelle lotte tra guelfi e ghibellini, poi tra i Colonna e gli Orsini finché nel 1461 Papa Pio II assoggettò Tivoli allo Stato della Chiesa e fece costruire la Rocca Pia per controllare l’accesso alla città. La rocca è un imponente fortezza a pianta quadrilatera, con torrioni cilindrici merlati, che si eleva imponente nel centro della città, vicino a Porta Garibaldi. Nell’Ottocento fu utilizzata come carcere fino al 1960. Nel 1550 fu eletto governatore di Tivoli il cardinale Ippolito d’Este che qui fece costruire una grande villa per la sua famiglia. La città seguì le sorti del Papato fino alla liberazione di Roma per poi far parte del Regno d’Italia.
Castrovenere è tuttora il nome dell’antica acropoli di Tivoli che sorgeva sullo sperone roccioso di un colle inaccessibile, circondato da un fossato. Qui si possono visitare i resti del tempio di Vesta, centro della vita cittadina, e di quello della Sibilla.
Il tempio di Vesta, a pianta circolare, costruito su un alto podio di blocchi di travertino, era circondato da un porticato di 18 colonne corinzie, anch’esse in travertino, di cui ne restano solo 10. Aveva un soffitto a cassettoni su cui si presume fosse stato costruito un tetto conico. Costruito da Lucio Gellio alla fine del I sec. a.C., nel Medioevo divenne la Chiesa di Santa Maria Rotonda, poi saccheggiata e in parte distrutta. Il tempio fu riscoperto e studiato da artisti del Rinascimento (Sebastiano Serlio, Andrea Palladio, Giovanni Battista Piranesi) che lo immortalarono nelle loro opere.
Il Tempio della Sibilla è un tempio rettangolare, in travertino, formato da quattro colonne corinzie davanti ad altre colonne addossate alle pareti; risale al II sec. a.C. e al suo interno erano conservati i resti di Alburnea, la Sibilla Tiburtina, come ricorda la lapide dell’atrio. Era decorato con stucchi e dipinti andati perduti anche perché nel suo interno si installò la Chiesa di San Giorgio, documentata fino al 978. La Sibilla Alburnea era venerata come una dea a Tivoli e il suo simbolo era il libro.
I libri sibillini, scritti in greco, erano raccolte di oracoli sul futuro di Roma e, secondo la leggenda, Alburnea avrebbe dato al re Tarquinio il Superbo, tre di questi libri andati poi perduti.
Tanti sono i monumenti e i resti archeologici di Tivoli: chiese, ville, templi, sepolcri… sono tanti e importanti dal punto di vista storico ed artistico. Tra questi l’antico anfiteatro di Tivoli, conosciuto anche come Anfiteatro di Bleso, perché costui contribuì alla realizzazione dell’opera con un contributo di denaro e con 200 giorni lavorativi da lui pagati. Risale al II secolo dell’età imperiale e poteva accogliere 2.000 spettatori. Secondo alcuni studiosi e ricercatori, qui vicino doveva trovarsi anche una schola gladiatorum, di cui però ancora non sono state ritrovate tracce. Scoperto nel 1948 nei pressi di Piazza Garibaldi, si possono ammirare solamente alcuni resti perché Papa Pio II lo fece distruggere per la costruzione di Porta Pia.
Il Santuario di Ercole Vincitore, il più grande dei santuari laziali a terrazze (m.186 x140), fu edificato tra il II sec. a. C. e l’età augustea. Occupava un’area di 3.000 mq e comprendeva tre ambienti: un tempio, un teatro ed un’enorme piazza che faceva da area sacra, e che si innalzava per 50 metri sull’Aniene. Fu costruito su un guado del fiume in modo da convogliare in questo luogo tutti coloro che provenivano dall’Abruzzo e numerosi fedeli. Chi vi giungeva lasciava le sue offerte nei vari Thesaurus, piloncini in calcare. Era dedicato a Ercole Vincitore, che aveva consentito ai Tiburtini di sconfiggere i Volsci ed era il protettore dei commerci, della transumanza, del mercato dei buoi e del sale: il suo santuario divenne una grande potenza religiosa ed economica. È accessibile tramite una galleria della via Triburtina, la via tecta, dove a sinistra erano le tabernae per le merci e il bestiame e a destra tra grandi archi si poteva ammirare il corso dell’Aniene.
Superata la galleria, a sinistra sorgeva il teatro da cui si saliva verso il tempio. Il teatro contava 3.600 posti e davanti alla scena è stata trovata e restaurata una vasca, con un intonaco azzurro alle pareti, che probabilmente raccoglieva piante e pesci. Qui si poteva assistere alle rappresentazioni delle imprese di Ercole. Alla destra della gradinata dovevano esserci due fontane monumentali con una cascata e delle vasche circolari. Sotto i portici del santuario l’imperatore Augusto in varie occasioni amministrò la giustizia, secondo quanto racconta Svetonio.
Tante erano le ville che i notabili romani si fecero costruire a Tivoli, tra queste quella di Manlio Volpisco di cui si hanno pochi resti, e quelle di Mecenate, di Quintilio Varo, di Orazio, della famiglia Plauzia, Villa Adriana e, di epoca rinascimentale, Villa d’Este.
Secondo articolo – Segue