La via Tiburtina è una delle più antiche delle strade romane. Tivoli, Alba Fucens e Chieti sono delle perle, alcune note altre quasi sconosciute, della via consolare. La Tiburtina partiva da Roma, attraversava il Lazio, valicava gli Appennini per arrivare fino all’attuale Pescara in Abruzzo. Maria Luisa Berti ne racconta la storia e i misteri. Il primo articolo l’abbiamo pubblicato il 15 novembre, il secondo il 19, il terzo 22, il quarto e ultimo oggi 28.
Dopo Tivoli, la via Tiburtina attraversava l’Appennino e toccava Varia, oggi Vicovaro, fondata dagli Equi e conquistata nel 304 a.C. dai Romani, che la fortificarono con una cinta muraria ancora visibile presso la Porta di Sotto e lungo la consolare. Fu un importante centro difensivo in età repubblicana e anche durante l’impero: nel suo territorio sono presenti vari insediamenti difensivi.
La consolare proseguiva quindi verso Carsioli nella zona di Civita di Oricola, da cui inizia il tratto abruzzese attraverso i valichi di Colle di Monte e Forca Caruso, poi dalla Piana del Cavaliere si entra nella Marsica. Carsioli, di cui restano pochi reperti, tra cui la cinta muraria, fu fondata dagli Equi nel 298 a.C., poi fu conquistata dai Romani. Il dittatore Marco Valerio Massimo vi inviò una colonia di circa 4.000 persone, che cominciarono la costruzione della via Valeria. Nelle aree archeologiche nella piazza di Civita e nella contrada Valle San Petro sono stati rinvenuti vari reperti, tra cui un intero santuario e resti di un teatro e di un anfiteatro.
La vicina Alba Fucens, Alba sul Fucino, sorta su una collina del Velino a nord della consolare Valeria, divenne colonia romana nel 304 a.C., popolata da 6.000 coloni che costruirono una prima cinta muraria per difendersi dagli Equi, contrari ad un insediamento romano nel loro territorio. La città raggiunse la sua massima espansione in età imperiale. Il suo sito archeologico conserva gran parte della cinta muraria, che era lunga 2,9 chilometri. Sono rimasti una torre e due bastioni a difesa delle porte d’accesso, su uno dei quali sono raffigurati simboli fallici. Davanti alle mura era stata costruita nel tempo una triplice linea di difesa.
L’antica città romana, a pianta quadrangolare con strade tra loro parallele e perpendicolari tipiche dell’antico castrum, conserva il Forum, la Basilica, i Templi di Ercole e di Apollo, il teatro e l’anfiteatro, costruito per volere di Nevio Sutorio Macrone che coprì importanti cariche durante il governo di Tiberio e di Caligola e che, nel suo testamento, dispose che i suoi beni dovessero servire per la costruzione di un anfiteatro. Questo fu costruito su uno scavo della roccia del colle di San Pietro con materiali recuperati da varie domus.
Il Tracciato della Tiburtina Valeria costeggiava poi le rive settentrionali del Lago Fucino, passava per Cerfennia, Collarmele e saliva verso il Passo di Forca Caruso da cui si accedeva alla conca Peligna, dove era l’antica città di Corfinium, capitale dei Peligni e degli alleati italici durante la guerra sociale (91/88 a.C.) contro Roma che non voleva concedere loro la cittadinanza. In quel periodo la città si chiamava Italica, si amministrava autonomamente e aveva una propria moneta, sulla cui faccia principale era incisa la scritta “Italia” accanto ad una figura femminile con in testa una corona d’alloro.
Le antiche fonti testimoniano per questa città l’uso di ambedue i nomi. In epoca romana Corfinium crebbe economicamente in quanto, come Sulmona, si trovava in una posizione strategica sulla via Tiburtina Valeria. Con l’arrivo della guerra greco-gotica cominciò la sua decadenza finché divenne un centro medioevale. Dalla fine dell’Ottocento cominciarono le campagne di scavi che hanno riscoperto i resti romani conservati nel Parco Archeologico intitolato a Nicola Colella, il maggiore studioso di questa antica città. Il Parco è caratterizzato da tre zone: il Piano San Giacomo, l’area dei due templi e quella del Santuario di Sant’Ippolito. Il Piano di San Giacomo ha portato alla luce la città imperiale con le strade dai marciapiedi in ghiaia, resti di vari edifici, tra cui una domus decorata con mosaici policromi. La seconda area conserva soprattutto i resti di un tempio del I sec. a.C. e di una necropoli. L’area del santuario contiene i ruderi di edifici religiosi tra il IV e il I sec. a.C. ed era nota nel Medioevo per la sua fonte di acque terapeutiche.
Dopo Corfino la Tiburtina Valeria attraversa la Valle Peligna con il Santuario di Ercole Curino, di cui rimangono i basamenti e che fu ampliato dopo la guerra sociale diventando un santuario terrazzato come quello di Tivoli. Il Santuario, nonostante la sua parte superiore venisse distrutta da una frana, continuò ad essere frequentato dai fedeli per l’inserimento di una chiesa cristiana.
Poco lontano, verso Sulmona, sorge l’Eremo di Sant’Onofrio, sito sulle pendici del monte Morrone e costruito nel XIII secolo. Qui visse Pietro Angelerio, divenuto Papa Celestino V nel 1294. La consolare prosegue verso le gole di Popoli, anticamente controllate dal Pagus Fabianus, antico villaggio di capanne dell’VIII sec. a.C., il cui centro storico conserva caratteristiche medioevali.
Dopo Popoli si entrava nel territorio degli antichi Marruccini e la loro principale città era Teate, ora Chieti, le cui origini si perdono nella leggenda. Il nome deriverebbe, infatti, dalla dea Teti a cui Achille l’avrebbe dedicata. Pare che la città fosse una colonia dei Pelasgi, giunti lì dopo la distruzione di Troia, nel 1181 a.C., e il guerriero armato su cavallo, simbolo della città, sarebbe Achille oppure Ercole. Divenuta municipio romano nel 91 a.C., la città assunse le caratteristiche urbane romane a reticolato. La massima espansione avvenne in età imperiale e con l’imperatore Claudio. Il nucleo originario, nell’attuale Civitella, si era esteso attorno a tre templi, tra cui uno dedicato ad Ercole. Lo spazio urbano si sviluppava su terrazze: dal foro si saliva verso l’acropoli, la Civitella, con l’anfiteatro costruito da Augusto sopra i precedenti templi; il teatro e, fuori dall’abitato, le terme. Sono visibili nel sito archeologico di Chieti.
Infine la via Tiburtina Valeria raggiunge Aternum, od Ostia Aterni (attuale Pescara), un antico insediamento pelasgico alle foci del fiume Aterno, occupato in seguito dagli italici Vestini, che vi costruirono un porto utilizzato anche dai Marrucini e dai Peligni, punto d’imbarco per la Dalmazia. L’ostilità di questi popoli contro l’espansione romana portò a una guerra che però li vide sconfitti. La città romana, grazie alla presenza del porto, si arricchì di importanti edifici pubblici, privati e religiosi tra cui il tempio dedicato a Giove, e di una necropoli nella zona del Campo Rampigna, che fa parte del sito archeologico di Pescara. Alcuni reperti ritrovati in questa zona e in altri luoghi testimoniano l’esistenza del culto della dea Iside. Anche la dea Vittoria era venerata in età imperiale, tanto che pare ci fosse un’ara a lei dedicata nell’edificio sacro dei primi del IV secolo su cui sorgerà il tempio della Santa Gerusalemme. Grazie alla presenza del porto, la città crebbe d’importanza dopo che l’imperatore Diocleziano fece costruire il suo palazzo a Salona, l’odierna Spalato. Nonostante questo Aterni non divenne mai un municipio romano. Quasi distrutta dai barbari, la città risorse nell’Alto Medioevo col nome di Piscaria.
Quarto articolo – Fine