L’era d’oro del Rinascimento italiano ha una matrice anche al femminile: Isabella d’Este, duchessa di Mantova, è una delle stelle di questo straordinario periodo. Maria Luisa Berti racconta la sua storia. Oggi, primo dicembre, pubblichiamo il suo primo articolo.
Con il Rinascimento le donne, soprattutto le nobildonne, si fanno spazio nella società e nella politica, sono loro spesso ad accogliere poeti, pittori, artisti nelle loro corti e, talvolta, sono loro a governare al posto dei mariti, meritando il loro rispetto e quello del popolo.
Una delle “prime donne” di quel tempo fu Isabella d’Este, moglie di Francesco Gonzaga, duca di Mantova. Appassionata d’arte ospitò alla sua corte pittori come Raffaello Sanzio, il Perugino, Lorenzo Costa, il Correggio e Andrea Mantegna.
La duchessa fu ritratta due volte da Tiziano e commissionò un dipinto ad olio a Leonardo da Vinci che, però, le lasciò solo un disegno preparatorio. Voleva essere ritratta non solo per il suo aspetto (era grassoccia e di bassa statura) ma anche per far valorizzare le sue qualità.
Il ritratto di Leonardo, eseguito nel 1499/1500 e conservato al Museo del Louvre di Parigi, è un disegno su cartone, eseguito a carboncino, sanguigna e pastello giallo, che ha una serie di forellini lungo le linee di contorno della veste e della mano destra. Questi forellini, praticati con un ago, servivano per la tecnica dello spolvero: si appoggiava il cartone forato sulla superficie da disegnare e si tamponavano le parti perforate con un sacchetto di tela, riempito di carboncino, grafite o sanguigna. Tolto il cartoncino, bastava ricalcare la traccia lasciata dai forellini ed eseguire il lavoro finale.
Il ritratto è a mezzo busto, con la testa di profilo e il busto in posizione frontale con le mani appoggiate al centro. I lineamenti del volto sono delicati, lo sguardo rivolto lontano e i capelli lunghi, raccolti in una reticella, poggiano leggermente sulle spalle.
Elegante e raffinata, Isabella amava le tinte scure anche nell’abbigliamento. Si parla infatti di ritratto nero per quello dipinto da Tiziano Vecellio, di ritratto rosso per il dipinto di Rubens, realizzato quasi un secolo dopo e che viene considerato una copia di un ritratto perduto del Tiziano. Entrambi sono conservati al Kunsthistorisches Museum di Vienna.
Nel dipinto attributo a Tiziano, Isabella è ritratta a mezzo busto e indossa un copricapo voluminoso a forma di ciambella (il balzo o capigliara) decorato con nastri e fili dorati, al centro spicca un diadema di perle con una pietra preziosa. La stessa Isabella aveva inventato quel copricapo che era diventato di moda nell’alta società del tempo. La veste è sfarzosa con maniche estraibili, sbuffi, ricami dorati e la spalla sinistra è in parte coperta da una pelliccia di ermellino. All’epoca del ritratto (1536) Isabella aveva già 62 anni per cui la sua figura viene idealizzata nel dipinto, dove appare più giovane e fresca. Ma è davvero Isabella la donna ritratta da Tiziano? I dubbi sono nati perché il ritratto non somiglia alla duchessa, alcuni vi vedono più somiglianza con Margherita Paleologa, succeduta ad Isabella e che commissionò un suo ritratto a Tiziano. Leandro Ozzola avrebbe identificato Isabella nel dipinto di Tiziano “La Bella”, ora alla Galleria Palatina di Firenze.
Anche Lorenzo Cossa ritrasse la duchessa nel dipinto “Ritratto di dama col cagnolino”, del 1508, conservato a Londra, alla Hampton Court, e Gian Cristoforo Romano immortalò lei e il marito in un busto in terracotta. Isabella, invece, non si fece mai ritrarre dal Mantegna, pittore ufficiale della corte di Mantova. Dopo aver distrutto un dipinto in cui lui l’aveva dipinta male (ne ha tanto mal facta, che non ha nessuna delle nostre simiglie), si rifiutò di posare per la pala votiva della Madonna della Vittoria, in cui doveva comparire in ginocchio a fianco del marito.
Donna di grande cultura e intelligenza, Isabella d’Este conosceva bene il greco e il latino e sapeva recitare a memoria brani di Virgilio e di Omero. Amava leggere anche libri di teologia e di filosofia, le piaceva la musica e componeva madrigali; sapeva suonare il liuto e danzare con grazia. Conosceva l’arte del ricamo e ideava modelli di abiti.
Si intratteneva amabilmente con gli artisti e i letterati ospitati a corte, tra cui Ludovico Ariosto, che a Mantova scrisse l’Orlando Furioso.
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