L’Appia Antica fu tante cose diverse prima per la Repubblica e poi per l’Impero Romano. Prima di tutto era la via consolare più importante, l’autostrada che collegava Roma verso sud alla Magna Grecia, alla Grecia e all’Oriente. Era una strada ardita dal punto di vista ingegneristico che superava colline con ponti mozzafiato, tagliava promontori e asperità del terreno con grandi sbancamenti. Collegava militarmente, commercialmente e culturalmente civiltà diverse. Sul suo percorso fiorivano terme, circhi, acquedotti, ville ma anche mausolei e catacombe. Ce ne parla in dettaglio Maria Luisa Berti.
La consolare Via Appia (ora SS 7) collegava Roma a Brundisium (Brindisi), importante porto per le rotte commerciali con la Grecia e l’Oriente. Il censore Appio Claudio Cieco iniziò la sua costruzione nel 312 a. C. per consentire la mobilità dell’esercito e i rifornimenti di vettovaglie e di nuove reclute durante le guerre contro i Sanniti, definitivamente sconfitti alla fine del secondo conflitto (327- 304 a.C.).
Era per i Romani la “regina viarum”, grandiosa opera di ingegneria dell’antichità. La via permetteva la circolazione nei due sensi per la sua larghezza (circa 4,10 m); aveva ai lati ampi marciapiedi ed era affiancata da numerosi monumenti funebri, cimiteri e catacombe, le catacumbas, dal greco katà e kymbe, che significa “presso le cavità”.
Il tratto antico dell’Appia iniziava da Porta Capena, lungo le Mura Serviane del IV secolo a.C. Si trovava nell’attuale Piazza di Porta Capena, tra il colle Celio, il Palatino e l’Aventino; forse tra la Via di Valle delle Camene e la via delle Terme di Caracalla. Il toponimo Porta Capena è collegato all’antico bosco sacro della Fons Camenorum, appena fuori dalla porta, alle pendici del Celio, a cui attingevano le Vestali per le loro cerimonie sacre.
Anticamente le dee Camene erano quattro: Egeria, Carmenta, Antevorta e Postvorta. Ninfe profetiche di un antico culto italico, derivavano il loro nome dal latino Camnae o Casmenae o Carmenae e a Roma erano venerate come ninfe delle sorgenti, profetesse e muse ispiratrici. A loro Numa Pompilio aveva consacrato il bosco, fuori Porta Capena, presso la fonte Egeria. Qui a gennaio si svolgevano le feste Carmentalia con offerte di latte ed acqua e i riti delle Vestali.
Da questa porta usciva la Via Latina, il cui percorso era utilizzato fin dalla preistoria e che gli Etruschi usarono per conquistare la Campania; poi dal 312 a.C. da qui uscì anche la Via Appia. Le due vie avevano lo stesso percorso lungo la via delle Terme di Caracalla, fino alla Porta Latina.
Porta Capena fu utilizzata come arco di sostegno per l’acquedotto dell’Aqua Marcia. Fu poi distrutta dall’imperatore Caracalla, che ristrutturò l’intera area e spostò la porta d’accesso sulle mura Aureliane: Porta San Sebastiano. Qui sulle mura esterne è incassata la prima colonna miliare della via, che segna la distanza di un miglio romano (1,480 km) da Porta Capena a Capua.
In Via Valle delle Camene, che ripercorre il tracciato iniziale dell’Appia Antica, si trova la Chiesa di Santa Maria in Tempulo, ora sconsacrata. La Chiesa e il monastero sorsero su un templum romano, da cui il toponimo “Tempulo”, forse per la vicinanza con il Tempio di Ercole Musagete, costruito da Marco Fulvio Nobiliore dopo la vittoria sugli Etoli. Quel tempio a forma circolare sorgeva su un alto podio, che a nord formava un’esedra e a sud una piccola struttura rotonda all’aperto, forse l’Edicola delle Camene, voluta da Numa Pompilio. Nel Medioevo vi risiedevano le monache benedettine che nel 1222, istituito l’ordine monastico femminile di clausura, furono costrette a trasferirsi nel monastero di San Sisto Vecchio.
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