La Regione Lazio con le sue policy ha scelto nel tempo di far svolgere al privato un ruolo compensativo della riduzione dell’intervento pubblico in vari ambiti. Qualche dato dal recente Rapporto Oasi dell’Università Bocconi ci parla del rapporto fra pubblico e privato.
Sul totale dei posti letto quelli accreditati privati nel Lazio sono il 50% mentre la media nazionale è del 30%. La spesa sanitaria accreditata pro capite è di 273 euro, la più alta fra tutte le Regioni a fronte di una media nazionale pari a 145 euro. Il 71% dei laboratori e il 79% delle strutture residenziali è privato. Sono largamente esternalizzate anche le attività non direttamente assistenziali (ivi compresi CUP e PUA).
Agisce nel Lazio un privato accreditato convenzionato in regime di quasi monopolio per lungodegenza, riabilitazione post acuzie, ADI (Assistenza domiciliare integrata). Sono private oltre la metà delle prestazioni specialistiche ambulatoriali, il 50% delle prestazioni ospedaliere per acuti. Il 100% della residenzialità sociosanitaria (RSA) è privata. Le esternalizzazioni che trasferiscono da pubblico a privato e portano alla privatizzazione sono una modalità gestionale in committenza esterna che non basta solo denunciare.
Non sarà dal decisionismo del presidente Rocca che discenderà quella efficacia delle azioni di monitoraggio, verifica e controllo dei servizi erogati dai privati, quella dinamica pubblico-privato trasparente ed efficiente che oggi non vediamo.
Al privato, anche nel Lazio, non va fatto giocare un ruolo alternativo al pubblico con la motivazione che quest’ultimo è carente di fronte a vari bisogni di salute. Lo è oggi ma può cessare di esserlo.
Cambiando le scelte politiche regionali che inducono a esternalizzazioni. Con gradualità e radicalismo nell’autonoma azione sindacale e delle forze politiche. Lo richiede la situazione in cui gli attacchi ai diritti universali sono ormai diretti e senza velami.
I perni principali della iniziativa sindacale che deve incalzare la giunta Rocca sono il ritorno della programmazione con il piano sanitario regionale del Lazio che va rivendicato da Giunta e Consiglio, la spesa sanitaria trasparente e diversamente allocata alla luce, in specie, delle recenti forti critiche della Corte dei conti, l’assunzione di personale a tempo indeterminato -nuovi assunti e internalizzati- raccordata ai fabbisogni regionali, la revisione delle regole dell’accreditamento cui la Regione dovrebbe porre mano entro i prossimi 5 mesi.
Il 9 novembre scorso Francesco Rocca ha dichiarato che il nuovo piano sanitario regionale 2024-26 sarà presentato «a breve» e già «la prossima settimana incontreremo le organizzazioni sindacali e quella dei medici». Cosa non vera.
Rocca mostra ottimismo sulla spesa sanitaria e con la sua indagine interna in corso afferma che «entro i primi mesi del 2024 la ricostruzione contabile consentirà di aggredire l’indebitamento sanitario, partendo dal taglio degli sprechi e dalla ristrutturazione dei debiti del comparto ma soprattutto per liberare le risorse necessarie a riqualificare l’assistenza, a investire sulle risorse umane e ad ammodernare le strutture sanitarie e le tecnologie, il tutto con l’obiettivo irrinunciabile di migliorare l’esperienza del cittadino con il servizio sanitario». Il bilancio regionale appena approvato segnala che si è tagliata la spesa sanitaria.
Tutti quelli che sono partiti affermando che avrebbero recuperato tagliando le spese improduttive hanno finito soltanto con il tagliare la spesa sanitaria. Da Monti a Renzi, alla Polverini, a Zingaretti commissario ad acta di un piano di rientro agito per l’esclusiva quadratura formale del bilancio.
Con il Pnrr ci sono risorse per investimenti, solo in parte impegnate e spese, (in specie per gli over 65 da curare a casa con l’ADI) e ci sono processi di riforma da porre in essere fino al 2026. Dopo l’avvenuta rimodulazione nazionale del Pnrr si troveranno anche nel Lazio le risorse per le strutture non più finanziate per dare più risorse alle imprese private? Governo e Regione seguitano a sostenere che verranno comunque finanziate con l’art. 20 della l.67/1988. Quali territori del Lazio resteranno scoperti dopo la riduzione del numero di Case di comunità, COT e Ospedali di comunità?
La funzione pubblica CGIL del Lazio nelle settimane scorse ha dichiarato che «tra nuove assunzioni e stabilizzazioni del personale precario servirebbe un potenziamento dell’organico di almeno 10mila unità, tra tutti i profili, per compensare il mancato turn over di questi anni, un piano straordinario di assunzioni di cui, però, non c’è traccia».
A dicembre scade il piano triennale di fabbisogno di personale per il triennio 2021-2023 delle aziende ed enti del SSR del Lazio (di cui alla Determinazione n. G14246 del 20.10.22).
Dopo le assunzioni fatte per rispondere per lo più alle esigenze assunzionali emergenziali per combattere il Covid il nuovo piano deve rispondere alle ordinarie esigenze «che devono in ogni caso tenere conto degli effetti della pandemia sulla rete complessiva dell’assistenza e dei nuovi modelli di organizzazione e gestione dei servizi assistenziali». Nuovi fabbisogni da definire che tengano conto del mancato turn over, dei mutamenti intervenuti nella composizione della popolazione, delle classi di età e delle patologie, così da far anche funzionare le nuove strutture sanitarie di cui alla missione 5 e 6 del Pnrr.
Si sta procedendo in tal senso? Cosa è avvenuto nelle ASL, nel triennio, in tema di spesa per il personale, quali sono i termini economici dei concordamenti annuali di budget dei Direttori Generali con la Regione Lazio?
Di certo sono ancora assenti le skills professionali necessarie per governare l’innovazione di cui alle missioni 5 e 6. Queste vanno evidenziate nei fabbisogni con una previsione parametrata al prossimo decennio. Lo skill mix change va preceduto e accompagnato da processi formativi.
Il presidente Rocca che rivendica la scelta (sbagliata) di accentrare sulla sua persona le decisioni sulla sanità dovrebbe invece dedicare attenzione agli organici del personale, alla capacità di governance dell’assessorato alla Sanità e delle direzioni strategiche delle ASL, alla qualità di big e middle management, ad un allargamento della responsabilità nel governo del Servizio sanitario regionale e nel controllo del sistema privato accreditato.
La salute dei cittadini e la sanità che la deve tutelare comportano cambiamenti di stile di direzione politica.
Rino Giuliani dipartimento welfare SPI CGIL di Roma e del Lazio