L’accreditamento istituzionale è il processo con il quale la Regione Lazio riconosce alle strutture sanitarie e socio-sanitarie, pubbliche e private, la possibilità di erogare prestazioni sanitarie e socio-sanitarie per conto del Servizio sanitario regionale. La Regione Lazio ha cambiato continuamente (negli ultimi tempi, di anno in anno) la normativa su autorizzazione accreditamento e contrattualizzazione.
In estrema sintesi i cambiamenti hanno ruotato sul mantenimento o meno dell’obbligo per le strutture private di sottostare alla «verifica di compatibilità con il fabbisogno regionale» (e relativo parere regionale obbligatorio per essere poi accreditate).
Nel periodo in cui il regolamento di accreditamento prevedeva la verifica obbligatoria l’alibi-motivazione per non gestirla veniva fatto dipendere dalla incertezza della programmazione sanitaria territoriale del SSR del Lazio, attesa l’assenza del Piano sanitario regionale.
L’obbligo della verifica è stato reintrodotto da ultimo nella legge regionale n.14/2021. Con successiva legge regionale n.19/2022 tuttavia, di nuovo, per la specialistica ambulatoriale quella verifica di compatibilità con il fabbisogno regionale non è stata più resa obbligatoria al momento del rilascio dell’autorizzazione. La verifica è rimasta per le strutture ospedaliere per acuti a ciclo continuo e di Day Hospital e per strutture sanitarie e sociosanitarie residenziali e semiresidenziali (come previsto dalla vecchia legge regionale n.4/2003).
Ora con il decreto attuativo della legge 118/21 “sulla concorrenza” il quadro dei requisiti e dei vincoli muta. La Regione Lazio ne deve recepire e attuare le disposizioni entro 180 giorni dall’approvazione del decreto ministeriale previsto dalla citata legge 118. C’è tempo per una azione del sindacato che è sicuramente interessato a vederne garantita la corretta e piena applicazione.
Dai media si è al riguardo appreso della contrarietà delle associazioni di rappresentanza nazionale di strutture accreditate private che si sono opposte, anche in sede di approvazione, al decreto ministeriale che tuttavia va attuato anche nella Regione Lazio.
Il decreto attuativo del ministero della Salute è un tramite importante per riaprire una discussione di merito qualificata sul regolamento n.20 e sulle regole formali e sostanziali dell’accreditamento nel Lazio. I 6 articoli e i due allegati del decreto sono sufficientemente chiari per poter delineare gli ambiti “forti” di una iniziativa sindacale utile a ridiscutere sul privato accreditato esistente e sul nuovo eventuale.
Una impostazione da tempo avanzata dal sindacato pensionati della CGIL di Roma e del Lazio. In estrema sintesi con il DM concorrenza la qualità di soggetto accreditato non costituisce per le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale vincolo a corrispondere la remunerazione delle prestazioni erogate, al di fuori degli accordi contrattuali di cui all’art. 8-quinquies.
Le strutture private accreditate, come sostiene la rappresentanza degli accreditati, in quanto soggetti privati sono certamente autonomi nelle scelte strategiche e organizzative al fine di mantenere l’equilibrio economico della propria azienda, ma in quanto accreditati, a contratto con il SSN, (e se ne dimenticano) dipendono dalle regole e dalle dinamiche dello Stato e delle Regioni sia per quanto riguarda i finanziamenti (budget e tariffe) sia per quanto riguarda l’integrazione all’interno del sistema.
Un conto dunque, come è stato scritto, è avere i “requisiti per il SSN”, un altro è “lavorare per conto del SSN”. Ora la Regione Lazio, il cui organo accreditante non ha precedentemente brillato per solerzia nel vincolare l’accreditamento agli oggettivi fabbisogni dei territori, ha una occasione per fare il necessario “tagliando” al rapporto pubblico-privato della sanità regionale.
Rino Giuliani dipartimento Welfare dello SPI CGIL di Roma e del Lazio