L’Appia Antica fu tante cose diverse prima per la Repubblica e poi per l’Impero Romano. Prima di tutto era la via consolare più importante, l’autostrada che collegava Roma verso sud alla Magna Grecia, alla Grecia e all’Oriente. Era una strada ardita dal punto di vista ingegneristico che superava colline con ponti mozzafiato, tagliava promontori e asperità del terreno con grandi sbancamenti. Collegava militarmente, commercialmente e culturalmente civiltà diverse. Sul suo percorso fiorivano terme, circhi, acquedotti, ville ma anche mausolei e catacombe. Ce ne parla in dettaglio Maria Luisa Berti.
All’VIII miglio dell’Appia sono stati rinvenuti resti di colonne in peperino che avevano fatto supporre si trattasse del Tempio di Ercole. Secondo Marziale, infatti, l’imperatore Domiziano avrebbe fatto erigere il tempio che conteneva una statua della divinità con le sembianze dell’imperatore.
I resti delle colonne, invece, secondo studi più recenti, appartenevano ad un edificio di età tardo repubblicana, forse una stazione di posta. Il sito comprende una quindicina di ambienti, disposti su tre lati, forse botteghe e magazzini, e un altare dedicato al dio Silvano il cui culto era collegato a quello di Ercole.
Il Mausoleo di Gallieno, i cui resti si trovano al IX miglio dell’Appia Antica (a Ciampino), è il sepolcro dell’imperatore Gallieno, morto nel 268, come testimoniato dall’Epitome de Caesaribus, dove si legge che in questo mausoleo sarebbe stato sepolto anche Flavio Severo, ucciso nel 307.
La grande costruzione in mattoni, anticamente rivestita di marmo, poggiava su una base circolare, sormontata da un tamburo con nicchie e da una cupola. In origine era circondato da un colonnato. All’interno, nel piano inferiore il corridoio centrale dava accesso a due sale rettangolari con abside, dove venivano messi i sarcofagi. Al piano superiore una sala rotonda era circondata da pareti su cui si aprivano nicchie circolari e rettangolari. Il mausoleo era noto anche come “Torraccio del Palombaro” perché si trovava nella tenuta del Palombaro.
Il sepolcro Monte di Terra, nell’area di Ciampino, è un esempio dei grandi tumuli arcaici etrusco-italici in uso tra la tarda età repubblicana e la prima età imperiale. In origine la costruzione aveva una base quadrangolare in blocchi di peperino, sormontata da uno zoccolo circolare rivestito di travertino su cui poggiava il tumulo di terra, a forma di cono.
A Santa Maria delle Mole, in località Frattocchie (vicino all’antica città romana di Bovillae), ci sono i resti di un Sepolcro a torre databile al I secolo. Il monumento presenta un basamento quadrangolare in calcestruzzo, dove al centro si apriva la camera funeraria a pianta quadrata.
Sulla sommità si erge una piccola torre di laterizi e pietrame fatta erigere, nel 1855, sui resti di una torretta medioevale, dall’astronomo padre Angelo Secchi, da cui la torre prende nome e che fu utilizzata per le misurazioni trigonometriche della via consolare.
La Valle della Caffarella, che fa parte del Parco Archeologico dell’Appia Antica, prende nome dalla famiglia che ne era proprietaria. È di origine alluvionale, tuttora ricca di acque, ed è una delle più grandi aree verdi romane. È percorsa dal fiume Almone, che nasce dai Colli Albani e che confluiva nel Tevere. Oggi le sue acque sono deviate verso il depuratore della città e il fiume è noto come marrana della Caffarella.
L’etimo Almo è legato al culto della fertilità e al rito della Lavatio Matris Deum. Era consuetudine, ogni anno al 27 marzo, portare in processione la pietra nera, simbolo della dea Cibele, al fiume Almone dove sfociava nel Tevere. Personaggio mitologico, Almone era valletto alla corte del re Latino, e la sua uccisione, come narrato nel VII libro dell’Eneide, diede origine alla guerra tra Troiani e Italici.
Nella Valle della Caffarella si trovano il Colombario Costantiniano, il Ninfeo di Egeria, la Chiesa di Sant’Urbano e vari casali, tra cui quello della Vaccareccia con una torre di guardia.
Il Colombario Costantiniano è un sepolcro a tempietto del II secolo a.C. che fu utilizzato nel Medioevo come mulino con ruota a pale orizzontale; fu poi distrutto da un incendio e abbandonato. È un edificio in mattoni a due piani con un tetto a spiovente, ora distrutto. Al piano superiore, con nicchie alle pareti laterali, si svolgevano le cerimonie funebri. Da qui si accedeva al piano inferiore destinato ai sarcofagi dei defunti.
La Grotta della Ninfa Egeria prende nome dall’amante e consigliera del re Numa Pompilio, che qui la incontrava. Fu costruita a fianco della collina, sotto il Tempio di Cerere, e risale al II secolo d.C. Ha pianta rettangolare, racchiusa da una conchiglia affiancata da nicchie dove si trovavano le statue delle Ninfe. Al centro una piccola piscina (il Lacus Salutaris?) in origine circondata da portici. Il pavimento e le pareti erano coperti di marmi verdi greci e di mosaici di vetro.
La Chiesa di Sant’Urbano era un tempio romano del II secolo, trasformato nel IX secolo in una chiesa consacrata a quel santo. L’antico tempio romano era stato edificato per volontà di Erode Attico a ricordo della defunta moglie Annia Regilla ed era dedicato a Cerere e Faustina. Era stato costruito su un piccolo podio e aveva sulla parete frontale delle colonne, fra le quali il Papa Urbano VIII nel 1634 fece costruire un muro di mattoni.
Tra i vari casali presenti nel Parco della Caffarella, il più interessante è quello della Vaccareccia risalente al Cinquecento. Ha inglobata una torre medioevale, molto più alta dell’attuale, che serviva per controllare il territorio dell’ampia tenuta dei Caffarella.
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