Gaetano Salvemini, Ernesto Rossi, le Poste italiane. C’è un nesso? Eccolo. I dirigenti apicali delle Poste italiane (ma è comunque lettura consigliabile per tutti) sfoglino qualcuna delle oltre novecento pagine che costituiscono il volume Dall’esilio alla Repubblica, lettere 1944-1957.
Con lodevole, non comune, acribia lo storico Mimmo Franzinelli ha raccolto il fitto epistolario tra Salvemini e Rossi. Il primo considera l’altro il figlio che non ha, ricambiato da analogo sentimento. Caduta la dittatura fascista, Salvemini si stabilisce a Sorrento, a villa Benzoni. In quell’oasi tranquilla lavora e scrive i suoi “furibondi” articoli, molti destinati al Mondo, il settimanale di Mario Pannunzio di cui Ernesto Rossi è una delle colonne portanti: al punto da avere il privilegio di disporre, in redazione, di una stanza tutta per lui.
Il carteggio documenta il via-vai di articoli che Salvemini scrive a mano o con la macchina per scrivere, invia poi a Rossi che li sistema, titola, mette in pagina. Un pomeriggio Salvemini da Sorrento spedisce; la mattina successiva Rossi a Roma riceve. Individua eventuali errori o imprecisioni, rispedisce la bozza a Salvemini, che si vede recapitato il tutto il giorno dopo; a sua volta dà il “visto si stampi”. Se si guardano le date dei biglietti di accompagnamento questa operazione richiede quattro, cinque giorni al massimo: Sorrento-Roma-Sorrento-Roma…
Niente male vero? In quegli anni poi le comunicazioni sono quelle che sono: non ci sono treni frecce rosse o argento. Il postino si presenta un paio di volte al giorno; ci si può perfino avventurare negli abbonamenti dei quotidiani, sapendo che sarebbero stati recapitati per tempo…
Ora tutto è più moderno. Già è tanto se il quotidiano lo si può trovare in edicola. Abbonarsi a settimanali si può fare, a patto di rassegnarsi a riceverne due o tre insieme; se non sono riviste scientifiche, meglio rinunciare nonostante le offerte di sconti allettanti. Il sabato poi il postino da tempo non effettua il suo giro, vai a sapere perché è considerato giorno differente dagli altri. Per fortuna ci sono le diavolerie elettroniche e telematiche che sopperiscono e i corrieri privati.
Un lungo preambolo per arrivare al dunque. Un tempo, in occasioni di festività particolari come il Natale, il Capodanno o un anniversario, giungevano biglietti d’auguri: qualcuno che si ricorda di te: va in cartoleria, sceglie dei cartoncini, pensa a qualcosa di spiritoso e ben augurante, si procura i francobolli, scrive un indirizzo, imposta per tempo… Insomma, c’è un lavoro, dietro quel biglietto; che procura gioia a chi lo fa e a chi lo riceve: c’è chi tiene a te… Vuoi mettere con i freddi SMS in serie (neppure individualmente inviati, all’inizio compare una asettica mail-list: che orrore! ma davvero meglio nulla).
Confesso: sono di rito antico: perfino “smarrito” se è vero che il Centro Luigi Einaudi ha pensato opportuno istituire un corso di scrittura, dopo aver preso atto che quasi non si sa più scrivere a mano in “corsivo”.
Così, il Mammuth comunicativo che sono già nei primi giorni di dicembre si aggira per cartolibrerie per fare incetta di biglietti d’auguri. La sera ne compila un po’ alla volta. Poi si tratta di spedirli. Ottimista si affaccia a due o tre tabaccherie che espongono l’insegna “valori bollati”. Guardano come se avessero di fronte un E.T. proveniente da qualche pianeta Omega.
Gentile, uno mente: «Li abbiamo finiti». Gli altri non ci provano neppure: «Spiacente, non li vendiamo». Li capisco: per loro procurarsi i francobolli è una fatica: devono andare alla Posta, prenderne una congrua scorta, pagare in anticipo, lo recupereranno dopo settimane, infimo il margine di guadagno. Non ne vale la pena.
Che fare? Si va direttamente alla Posta. L’impiegato gentile dice che c’è un problema. «Non li avete?». Al momento no. Lo stuzzico: «Le Poste non hanno francobolli?». Stanno facendo l’inventario, risponde con tono mortificato. «Siamo sotto le feste, in teoria è il periodo in cui maggiormente si spedisce, voi fate l’inventario? Non è un po’ buffo che le Poste facciano ormai di tutto, meno che garantire che si possano spedire delle lettere?». Ripassi tra qualche giorno, dice conciliante l’incolpevole impiegato.
Ecco perché molti amici riceveranno gli auguri di buone feste a feste ormai finite. Cade sotto gli occhi una sorta di promessa delle Poste: «Dal timbro all’algoritmo: dal 1862 sportellisti in prima linea: nella storia delle Poste questa figura professionale ha saputo evolvere e adattarsi ai progressi della tecnologia, dimostrando versatilità e polivalenza».
Non si dubita; gli “sportellisti” sono sempre stati gentili e disponibili. Però tra un timbro e un algoritmo, perché possano essere più versatili e polivalenti, per favore: date loro anche i francobolli.