Alla notte della Vigilia di Natale, a Bologna, ci ha lasciato all’età di 87 anni un grande uomo, Eugenio Riccomini, che ha arricchito la nostra città con la sua presenza e con la sua cultura. Storico dell’arte, soprattutto del Seicento e del Settecento, autore di saggi d’arte, professore universitario a Messina e a Milano.
Fu anche partecipe della vita politica. Fu infatti assessore alla Cultura e vicesindaco di Bologna nel 1985/6 e nel 89/90. Nativo di Nuoro si trasferì con la famiglia a Viterbo, Bologna e Parma dove, forte della sua laurea in lettere moderne, si specializzò in paleografia e archivista e, vinto il concorso per ispettore di Antichità e Belle Arti, cominciò la sua carriera a Venezia.
Fu soprintendente alle Gallerie di Bologna e nei primi anni Settanta organizzò una mostra sulla pittura italiana del Settecento, che fu esposta all’Ermitage di Leningrado, alla Galleria Tret’jakov di Mosca e al Museo Narodowe di Varsavia. Come direttore dei Musei Civici di Bologna organizzò varie mostre, tra cui quella dedicata a Donato Creti che fu esposta al Metropolitan Museum di New York e al County Museum di Los Angeles (1998/99). L’ultima sua mostra monografica, curata con Daniele Benati, fu dedicata ad Annibale Carracci ed ebbe tantissimi visitatori.
Fu lui a scoprire il talento del pittore Wolfango che, a sessant’anni, era sconosciuto ai bolognesi, a curare la mostra “Wolfango-Grandi Dipinti” nella Chiesa sconsacrata di Santa Lucia (1986) e a far trasportare il suo grande quadro, “Il Cassetto”, nella sala conferenze del Palazzo Comunale di Bologna. Così Riccomini lo descrive: «Lui è stato in grado di fare ciò che altri non hanno saputo fare. Riprodurre la realtà con le mani che è la cosa più ammirevole. Wolfango la figura umana non l’ha mai toccata perché sacra, per lui c’erano solo gli oggetti».
I bolognesi lo ricordano soprattutto per le sue conferenze sull’arte. Di Riccomini Fausto Anderlini su Fb ricorda: «Direi molto più che un divulgatore, per quanto, puntuale, erudito, affascinante. Al punto da conquistare l’attenzione di platee folte come il pubblico di una rock star. Piuttosto un grande narratore capace di dischiudere il senso delle arti figurative (la pittura per eccellenza) come momento chiave della storia sociale. Uno storico capace di sintetizzare la vicenda della città in una narrazione raffinata, ricca di rimandi sociali».
Secondo Mario Calabresi «Riccomini era una vera e propria star e per trovare un posto alle sue lezioni bisognava arrivare un’ora prima. Aveva sempre il farfallino, un leggero accento emiliano e una capacità affabulatoria incredibile. Ricordo quando ci portò nell’Olanda del Seicento, nella pittura borghese di Rembrandt, Vermeer, Frans Hals. Ce li raccontò con una tale passione, in un modo così coinvolgente e vivo che io non ne ho dimenticato nessuno, come fossero davvero stati miei compagni di corso. Così quando li vedo da lontano, entrando in una sala di museo, li riconosco al volo e mi emoziono».
Ricordo una sua conferenza sugli Arabi in Sicilia. Fu per me una grande emozione essere trasportata nelle case arabe con i loro giardini e le belle fontane. Ci fece guardare con occhi nuovi le bellezze della civiltà araba e fu una gran bella scoperta. Sapeva catturare l’attenzione del pubblico che non perdeva nessuna delle sue parole.
“Una passeggiata con Eugenio Riccomini” è l’ultimo suo libro dove descrive, in una lunga passeggiata per le vie e le strade di Bologna, le facciate delle Chiese e i palazzi con le loro scalinate, gli affreschi, le statue… spiegando lo sviluppo della città fino ai nostri giorni. «È per questa mia inesausta voglia» scrive Riccomini «di condividere con altri sia bellezza che curiosità storica, che ho infine accondisceso a mettere per iscritto ciò che così spesso narro a voce sommessa a chi mi accompagna in giro per la città che amo, Bologna, che un poco conosco, e che ovunque (come ogni città d’Italia) racchiude in seno cose così magistralmente artefatte da chi ci ha preceduto, e concesso di vivere fra tante bellezze da ammirare, con cui passare i giorni. Sotto quarantadue chilometri di portici, se piove».
Il 27 dicembre i bolognesi hanno affollato la sala dello Stabat Mater dell’Archiginnasio per un ultimo saluto al loro grande concittadino. Tra i tanti che lo hanno ricordato con le loro parole, riporto quelle del figlio Marco Riccomini: «Tanta gente, una frazione di quelli che lo hanno amato e seguito quando faceva le grandi conferenze qui a Bologna. È la testimonianza più bella che lui vorrebbe vedere con i suoi occhi: la città che si stringe attorno a lui e che lo ha amato in quanto storico dell’arte. Ha insegnato a un’intera città a guardare al bello. Un’educazione sentimentale per generazioni di bolognesi e non solo, il suo testamento».