A circa quattro mesi dal voto in 3.700 Comuni e in almeno una Regione (Piemonte), elezioni che il governo ha appena accorpato con le prossime Europee, la campagna elettorale è partita con una «sfida all’O.k. Corral tra la premier Giorgia Meloni e la segretaria del Pd Elly Schlein».
E fin qui nulla di strano, visto che la chiamata alle urne di giugno potrebbe cambiare gli attuali equilibri politici. Ciò che invece appare inusuale è la scelta delle due “signore della politica italiana” di mettere l’informazione al centro del loro duello e – quindi – dello scontro elettorale destra-sinistra.
A innescare le polveri è stata l’apertura del quotidiano Repubblica di sabato 20 gennaio, dedicata al via libera del governo alla cessione di quote di aziende controllate dallo Stato.
“Italia in vendita” è il titolo a effetto sparato in prima pagina, una scelta che – sussurrano subito a Palazzo Chigi – manda su tutte le furie la premier. E così, tre giorni dopo, ospite nel salotto televisivo di Nicola Porro su Rete4, Giorgia Meloni attacca violentemente la famiglia Elkann che controlla Repubblica e i giornali del gruppo Gedi. «Non accetto lezioni di italianità da quel pulpito…». Cioè da un «giornale di proprietà di quelli che hanno preso la Fiat e l’hanno ceduta ai francesi, hanno trasferito all’estero sede legale e sede fiscale…hanno messo in vendita i siti delle nostre storiche aziende italiane…».
Il direttore di Repubblica Maurizio Molinari replica immediatamente sostenendo che dalle parti del governo di destra c’è «chi ha paura di un giornale libero» come Repubblica e che ormai è «in gioco la libertà di stampa». Domenica 28 gennaio il direttore scrive poi un accorato editoriale in difesa della «libertà di informare».
Sempre da Repubblica, questa volta per bocca di Giovanna Vitale che va in tv a La7, arriva una difesa d’ufficio della testata: «Noi siamo una redazione assolutamente libera…». E, a seguire, l’attacco ai quotidiani di destra: «Giornale, Tempo e Libero sono ormai tutti di proprietà dell’imprenditore Antonio Angelucci», re delle cliniche private e parlamentare (oggi vicino a Giorgia Meloni) «in pieno conflitto d’interesse».
A questo punto tocca a Elly Schlein scendere in campo sul terreno della libertà d’informazione. È sabato 28 gennaio e la segretaria Pd, da Cassino, prima tappa del suo tour elettorale per le Europee, chiama a raccolta le forze politiche di opposizione e sociali per un sit-in davanti alla Rai in «difesa della libertà di stampa e del servizio pubblico che non può essere TeleMeloni».
Intanto la quotidiana velina di Palazzo Chigi difende i giornali di destra contro Repubblica: «Siete voi ad attaccare la libera stampa». Quasi un invito ai soliti giornalisti che vanno nei talk show televisivi a difendere la presidente del Consiglio contro altrettanti “figuranti” (colleghi di sinistra) che attaccano qualsiasi scelta fatta dal governo.
Purtroppo lo spettacolo mette in luce solo la scarsa indipendenza e la fragilità di un giornalismo ormai soffocato dall’abbraccio della politica e dalla contiguità con questo o quel leader. La conseguenza è l’aumento della sfiducia in un’informazione che non ha più molto da spartire con le regole della professione e finisce per essere percepita come parte di un unico sistema politico-mediatico. Da qui il crollo delle vendite dei giornali e il calo degli ascolti dei Tg.
Un fenomeno generalizzato, che prima ha investito pesantemente Repubblica (dalla gestione della famiglia De Benedetti a quella di John Elkann come nuovo proprietario) e adesso non risparmia nemmeno i giornali della destra militarmente schierati a fianco di Giorgia Meloni e del suo governo.