Pericolo chiusura di Mirafiori. Giorgia Meloni non intende passare alla storia come la presidente del Consiglio che assiste allo smantellamento di Mirafiori, un tempo la più grande fabbrica europea di automobili e il cuore della Fiat.
Gli scioperi a Mirafiori dei metalmeccanici, i cortei al di fuori dell’impianto torinese non si vedevano da ben 13 anni. La paura e la rabbia sono forti, di qui gli scioperi spontanei. A fine marzo anche la Maserati Levante abbandonerà la fabbrica. Non si sa se, quando e come la nuova versione sarà realizzata, una ipotesi però parla di un allestimento a Cassino. Lo stop alla produzione della Maserati Quattroporte e della Maserati Ghibli invece è già scattato alcuni mesi fa, non si sa quando verranno allestiti i nuovi modelli e in quali stabilimenti.
La Maserati Gran Cabrio e quella Gran Turismo sono macchine che vendono appena poche migliaia di unità l’anno. Perfino la Fiat 500 elettrica, l’unico modello di massa allestito a Mirafiori, è in forte frenata: l’obiettivo di 100.000 vetture l’anno è fallito e il 2024 potrebbe chiudersi con appena 50.000 unità costruite.
Dal 12 febbraio al 31 marzo scattano ben due mesi di cassa integrazione. Non solo. Carlos Tavares, amministratore delegato di Stellantis, ha annunciato la possibilità di tagli a Mirafiori e a Pomigliano se il governo italiano non assicurerà aiuti all’auto elettrica. Ma la tempesta è già realtà nell’impianto piemontese. Di qui le proteste degli operai contro una possibile chiusura di Mirafiori. Del resto Grugliasco, la fabbrica ex Maserati, è stata chiusa e messa in vendita.
Il febbraio nero di Mirafiori è un triste monito anche per gli altri grandi impianti Stellantis in Italia: Pomigliano, Cassino e Melfi non se la passano molto meglio. In tutti gli stabilimenti della Penisola gli investimenti sono giunti con il contagocce e molti dei nuovi modelli non sono arrivati e sono stati assegnati ad altri impianti europei e del nord Africa.
Unica eccezione è Termoli: qui cesserà la produzione di motori a benzina e diesel ma sorgerà a partire dal 2026 una gigafactory per realizzare batterie da destinare alle autovetture elettriche.
Lo scontro a distanza tra Meloni e Tavares è aspro: la presidente del Consiglio ha rilanciato la richiesta del governo di produrre un milione di auto in Italia e ha accusato l’amministratore delegato di privilegiare gli investimenti negli stabilimenti francesi. Adolfo Urso da un anno chiede invano un aumento della produzione a un milione di autovetture ma è fiducioso su un accordo con il gruppo italo-franco-americano in tempi brevi. Il dialogo a sorpresa rifiorisce.
Dopo due incontri con Tavares e tre con John Elkann, presidente e principale azionista di Stellantis, svela: il primo gli ha assicurato «l’obiettivo di raggiungere un livello produttivo in Italia di un milione di veicoli». Il governo italiano sta preparando un piano di incentivi per l’auto da un miliardo di euro, precisa il ministro delle Imprese e del Made in Italy. Aggiunge anche una novità non di poco conto: «Dal prossimo anno gli incentivi non saranno più al consumo ma alla produzione», cioè alle società che costruiscono le automobili in Italia.
È un avvertimento. Già i sindacati italiani hanno chiesto un piano d’investimenti per aumentare la produzione nazionale e hanno indicato la possibilità di portare in Italia una casa automobilistica cinese. Giorgia Meloni ha incontrato a Palazzo Chigi Elon Musk, il miliardario proprietario della Tesla. Grugliasco, vicino Torino è da mesi uno stabilimento vuoto pronto a ripartire. Stellantis, come in passato la Fiat, non vede di buon occhio l’arrivo di un concorrente che costruisce auto in Italia. Per ora resta il rischio della chiusura di Mirafiori.