Sono importanti, le parole, il modo in cui ci si esprime: alle parole corrispondono fatti, cose; per questo vanno maneggiate con prudenza che non significa reticenza. Significa aver cura di cercare di comprendere e farsi comprendere.
La parola “partito”, per esempio. Messa al bando, come qualcosa di ripugnante, infetto. Termine, al contrario, da recuperare. Articolo 49 della Costituzione: «Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale».
In un italiano “elementare”, a tutti comprensibile, i Costituenti hanno stabilito una cosa al tempo facile e complessa: “Tutti” è da intendere nel significato che ne dà l’articolo 3: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali».
C’è poi la successiva affermazione: il diritto di poter concorrere con metodo democratico. Qui, la violazione del dettato costituzionale è clamorosa, pervicace, reiterata. Il “concorso” comporta pari condizioni di partenza; identica possibilità di conoscere ed essere conosciuti. Di tutta evidenza che così non sia. Ormai innegabile che gli istituti della democrazia liberale versino in uno stato comatoso, progressivamente svuotati, annullati. Due sono le “gambe” della democrazia, gli strumenti in mano al cittadino: la scheda per eleggere i propri rappresentanti nelle istituzioni; e quella referendaria.
Entrambe, di fatto, confiscate. Sempre più il cittadino si comporta come quel siciliano cui venne data, negli anni del fascismo imperante, la scheda con il nome già stampigliato; si doveva solo incollarla. Sdegnoso, al presidente del seggio sibila: «Ci sputasse vossia!». È quello che fanno da anni metà degli elettori rinunciando al diritto di votare.
Occorre lavorare con ostinazione e fantasia, pazienza e consapevoli che sarà impresa di lunga, faticosa durata; vincere apatie, pigrizie, stanchezze; occorre tornare ad avere il gusto del confronto, del dibattito, della discussione, del fare, saper fare, far sapere, se si vuole essere all’altezza di quelle ambiziose scommesse che si intende giocare. È l’unico antidoto al veleno costituito dalla dilagante sfiducia nella politica, di cui l’astensionismo elettorale è solo la punta più evidente. Dunque, non meno politica, ma esattamente il contrario: più politica. Questa la situazione, questi i fatti.