Dalla vigilia di Pasqua, il Portogallo ha un nuovo governo (di destra) e un nuovo primo ministro (il presidente del PSD Luis Montenegro), a capo di un esecutivo di minoranza. Mentre il Partito Socialista, archiviata la maggioranza assoluta conquistata nel 2022 e ridimensionato dal voto del 10 marzo, è finito all’opposizione.
Dopo nove anni alla guida del PS e otto da primo ministro, Antonio Costa, che a novembre scorso si era dimesso da presidente del Consiglio (in seguito a un’indagine giudiziaria) ma era rimasto in carica fino alle elezioni politiche anticipate, adesso ha definitivamente chiuso il suo “ciclo”.
La cosiddetta “era Costa”, ossia il decennio in cui il leader socialista ha dominato la scena politica portoghese facendo il bello e il cattivo tempo nel partito e nel Paese, è entrata a far parte dell’album dei ricordi. Come la riconosciuta abilità mostrata da Costa in tante partite giocate da campione, con quelle mosse rapide e imprevedibili che spesso lo facevano assomigliare a un gatto alle prese con i topolini. Alla fine, secondo un primo bilancio a caldo “l’era Costa”, viene consegnata alla storia politica del Portogallo con la sua forza e le sue debolezze. La riconosciuta capacità tattica del protagonista, ma anche le debolezze: dalla scelta non sempre felice dei collaboratori, alla mancanza di una visione strategica in grado di far avanzare il Paese.
E adesso? Adesso Costa, dopo le dimissioni da tutti gli incarichi politici in patria, è libero di giocare un’altra partita, questa volta a Bruxelles. Con l’obiettivo di conquistare una poltrona di peso al momento del rinnovo delle cariche Ue. Naturalmente tutto dipenderà dalle elezioni del Parlamento europeo. Ma se l’estrema destra non avrà i numeri per entrare nella nuova maggioranza, Costa potrebbe aspirare alla presidenza del Consiglio europeo. Poltrona che Charles Michel dovrà lasciare perché è al suo secondo mandato.
Gran tessitore di alleanze politiche, Antonio Costa si è già messo in moto. Trasformando il suo lungo addio alla politica portoghese in una grande occasione per annodare e riannodare relazioni. Insomma, uno spot promozionale.
Da qui la grande festa organizzata a Bruxelles in occasione dell’ultimo Consiglio europeo a cui partecipava da premier del Portogallo. Statuetta ricordo, video d’addio con immagini che lo ritraevano sempre cordiale e sorridente. Abbracci, baci, foto ricordo e – soprattutto – incontri a quattr’occhi con alcuni leader europei che al momento opportuno potrebbero dargli una mano. Senza disdegnare, lui socialista, nemmeno un “signor no” come il populista Victor Orbàn, il presidente dell’Ungheria che non perde occasione per porre veti nei Consigli europei.
Ma siccome per andare a Bruxelles, Costa avrà bisogno prima di tutto dell’appoggio del Portogallo, eccolo all’opera per ottenere la benedizione del presidente della Repubblica Marcelo Rebelo de Sousa con cui in passato ha avuto scontri e dissapori. Salvo pronunciare adesso parole al miele. Assicurando ai giornalisti che i loro rapporti sono stati comunque un modello: «Otto anni che i portoghesi, sostanzialmente, ricorderanno dal punto di vista dei rapporti istituzionali come forse i migliori tra organi sovrani».
Naturalmente anche Marcelo, che deve a Costa il suo secondo mandato da capo dello Stato ha deciso di fare marcia indietro. La conversione del Presidente della Repubblica, viene interpretata da molti anche come un via libera all’archiviazione dell’indagine giudiziaria che il 7 novembre scorso spinse l’ex premier alle dimissioni. Se le cose andranno così, Antonio Costa, subito dopo le elezioni europee di giugno, potrà tornare in campo per prendersi quella poltrona nella cabina di comando dell’UE che ha sempre desiderato.