Il Pnrr è una opportunità irripetibile per dare una scossa al paese e avviare un percorso duraturo di crescita economica sostenibile. Su questa consapevolezza dovrebbe fondarsi il responsabile sforzo di convergenza tra istituzioni centrali e periferiche.
Non c’è spazio per le partigianerie. Serve promuovere il dialogo e chiunque può, deve farsi parte diligente per abbattere le barriere. Il Pnrr conta più in termini di metodo che di finanza. Sembra un paradosso. Ma per chi guarda al futuro e non al presente il concetto è comprensibile.
La straordinarietà dell’investimento passa, le riforme restano e pure i traguardi raggiunti. Il metodo ha una grande rilevanza prospettica per la sua proiezione sia interna che esterna. Sul piano nazionale, ci educa a considerare un risultato non la spesa ma la realizzazione degli obiettivi. Su quello europeo indica la strada della corresponsabilità dello sviluppo. La coesione europea diviene compito dell’Europa unita e non più dei singoli Stati, al punto che per essa l’Ue si indebita.
Ma raggiungere sani e salvi la meta richiede un imponente lavoro. Fino a giugno del 2026 l’imperativo è produrre risultati, nei tempi e con le modalità stabilite, e ridefinire il profilo del paese in base ai tre assi strategici del piano: digitalizzazione e innovazione, transizione ecologica e inclusione sociale. In particolare con riferimento a quest’ultimo asse, il nostro Mezzogiorno diventa protagonista perché ad esso guardano le tre priorità principali del piano: la parità di genere, la protezione e la valorizzazione dei giovani e il superamento dei divari territoriali. Quindi noi più di altri abbiamo il dovere della responsabilità.
Le criticità emerse quando il piano è entrato nella fase della messa a terra degli interventi sono note a tutti. Oggi siamo fuori dall’impasse grazie alla approvazione della rimodulazione degli interventi proposta dal governo alla commissione europea.
Ma siamo all’inizio di un percorso altrettanto oneroso e difficile. L’idea di mettere a sistema i diversi strumenti di programmazione nazionale ed europea, dal Pnrr al Pnc, dall’Agenda di Coesione agli Accordi di coesione, è strategicamente indovinata, ma non è senza ostacoli. Primo fra tutti la diffidenza nei confronti del governo da parte delle amministrazioni locali che temono di essere vittime di una sorta di gioco delle tre carte, nel quale a perdere sono sempre loro. Dall’altra parte non aiuta la complessità del meccanismo di ingegneria finanziaria messo su dal governo per trasferire interventi da una programmazione all’altra. Difficile comprendere ed essere rassicurati se non si fa un’operazione di chiarezza. Ingrediente fondamentale la onestà intellettuale dell’approccio al dialogo.
La Campania, dicono gli ultimi rilevamenti Istat, esprime un grande potenziale di crescita. Privati e imprese mostrano una interessante vitalità, ma ad essi è necessario dare certezze sulle quali fondare gli investimenti. Di contro le amministrazioni soffrono ancora una debolezza di capacità amministrativa, di fronte alla concentrazione degli adempimenti e delle scadenze nel medesimo periodo temporale, che comporta un carico amministrativo di difficile gestione, nonostante i numerosi strumenti di supporto messi a loro disposizione. Per esse è indispensabile dare garanzia del rispetto della programmazione approvata mettendo in chiaro la copertura finanziaria delle opere spostate.
Erminia Mazzoni, Coordinatore Campania Anep Associazione ex Parlamentari